Ciao pirata,
la parola di oggi viene suggerita da mia mamma ma anche un po’ dai tempi che corrono.
La prima volta che l’ha usata in una frase di fronte a me mi sono messa a ridere perché pensavo se la fosse inventata - un po’ come Sabrina quando usavo “pisquano” di fronte a lei. La seconda volta ho pensato fosse un termine dialettale. La terza, ho cercato da dove venisse.
La parola non è dialettale, ma più propriamente regionale, quindi non avevo proprio tutti i torti.
Qualcuno vi ha mai dato dello sparagnino? Si tratta di un termine dispregiativo ma dalla forza non particolarmente malvagia: potremmo utilizzarlo forse per parlare di Paperon de’ Paperoni in un fumetto. Significa infatti tirchio, avaro, e viene dal verbo sparagnare, una variante regionale appunto del verbo risparmiare.
Sia sparagnare che risparmiare vengono dallo stesso filone etimologico: il verbo longobardo *sparōn, risparmare, una parola che viene da un filone germanico e che dà origine a questo termine nella nostra lingua.
È interessante che il termine per il “risparmio” arrivi in italiano dal longobardo, e non dal latino. In latino il verbo per il concetto di “risparmiare” è parco [parcis, peperci, parsum, parcĕre] e con quel suono -par- proprio all’inizio potremmo pensare che vengono tutti dallo stesso mondo. Non ci sbagliamo troppo, ma la situazione è un po’ più interessante.
Il verbo longobardo *sparōn, da cui vengono i nostri sparagnare e risparmiare, deriva dalla radice indoeuropea *speh₁- ed è imparentato con una serie di altre parole quali: l’inglese spare, risparmiare, l’olandese spaarzaam, frugale, il tedesco spärlich, scarso, l’albanese shperr, guadagnare, il greco antico sparnós (σπαρνός), raro.
La radice da cui provengono questi termini, *speh₁-, ha come significato principale quello di prosperare e contiene al suo interno una così intensa visione del futuro che dalla stessa radice viene anche la parola speranza. Nelle varie lingue indoeuropee questa radice acquista presto un senso di progettualità: si prospera perché ci si prepara a prosperare, perché si semina affinché tutto vada bene e perché si risparmia quello che si ha già.
Quindi, i longobardi portano alla penisola italiana questo senso di progettualità germanico. Ma la penisola italiana fino a quel momento in che modo risparmiava?
Ora, non vi nascondo che alcuni esperti fanno risalire il latino parco alla stessa radice indoeuropea, ma la burrasca non sarebbe altrettanto interessante quindi per correttezza io ve lo dico ma poi noi seguiamo la seconda proposta.
La seconda proposta è che parco venga dalla radice indoeuropea *h₂erk- e sia in sostanza un parente del verbo arceō, proteggere. Il senso generale associato a questa radice è proprio quello di protezione e custodia. Per esempio da questa radice derivano parole come arcano, nel senso di un segreto molto protetto, e arca, nel suo senso principale di “parallelepipedo chiuso”.
Questa per me è una differenza molto interessante: è possibile che la cultura romana vedesse il risparmiare soldi come un atto principalmente di protezione, un po’ come il nostro Paperon de’ Paperoni di prima che costruisce il deposito per le sue ricchezze e per la mitica Numero Uno e passa il tempo a difenderle da Amelia? E che invece il mondo longobardo, di scuola germanica, concepisse il risparmio come la base di una progettualità futura, quindi non qualcosa da proteggere ma semmai da investire?
Lungi da me trasformare la burrasca in uno di quei video di trading online che vi tormentano da qualche annetto1, il mio interesse è puramente sociolinguistico. Possibile che dietro queste parole si celi una fondamentale differenza culturale? Non riesco a trovare molte informazioni sulla cultura economica longobarda, ma potrebbe essere interessante capire se ci sono dei riscontri. Lancio la palla a voi.
A voi no? Come si fa a toglierli? Io non ne posso più.
Ciao!
Mio padre citva sempre questo interessante proverbio:
"Sparagna la farina quandu la mattra è china...ca quandu lu fundu pare a nulla serve lu sparagnare".
Su internet ho trovato questa spiegazione, che calza a Pennello, scritta da un certo Claudio Tramacere.
La ricopio:
"La "mattra" era un tipo di tavolo da cucina, il cui piano veniva aperto, e dentro le nostre nonne conservavano alcuni alimenti a lunga conservazione, soprattutto la farina. Come le friselle si conservavano nelle grandi pignate di terracotta. Ora ricordo che mia nonna (nata nel 1896, deceduta nel 1998 a 102 anni) a casa sua aveva questo tipo di "banca" e ogni sabato pomeriggio prendeva la farina per fare la pasta "fatta a casa" per la domenica. La traduzione è semplice...voleva dire di risparmiare la farina finchè è in abbondanza, perchè quando incomincerà a terminare non puoi più risparmiare... "
In effetti è una parola buffa!!😄😄😄