Oggi parliamo di due parole che assieme fanno un modo di dire e che sono state suggerite da due iscritte alla burrasca.
La prima, Sabrina, che, dopo avermi sentito usare la parola pisquano per un mesetto buono e aver iniziato a usarla a sua volta, ha scoperto che non era una parola inventata da me1 ma che è un termine che esiste davvero.
La seconda, Silvia, settimana scorsa mi ha suggerito di parlare di sesquipedale, in memoria di un professore di logica matematica che era solito usarla spesso.
Questi due suggerimenti sono diventati un’unica burrasca quando, per cercare qualche informazione su internet sono atterrata sulla pagina Wikipedia della parola pisquano e ho scoperto che esiste questo modo di dire: pisquano sesquipedale.
Insomma, era destino.
Andiamo con ordine.
La parola pisquano potrebbe essere familiare ad alcuni di voi e assolutamente straniera ad altri. Per me rientra nella categoria di quelle parole che ho sempre usato e non sapevo fossero dialettali2: è infatti una parola utilizzata quasi esclusivamente in zona lombardo-emiliana e indica una persona un po’ stupida e stolta, incapace anche di svolgere i compiti più semplici.3
A me piace perché ha un suono un po’ divertente e, dato che non si usa quasi più neanche nella già citata zona lombardo-emiliana, ha un sapore d’antan che la rende affettuosa e poco offensiva. Per farvi capire, nell’ultimo mese ho apostrofato come pisquana soprattutto me stessa.
L’etimologia di questa parola è molto divertente: si diffonde in parti del nord Italia durante il secondo dopoguerra e viene direttamente dalla parola dell’inglese britannico pipsqueak. Anche in inglese, è un insulto molto leggero per una persona sciocca e insignificante, e viene dall’unione di due parole, pip, un suono breve e acuto, un pigolio, e squeak, squittio. Un pipsqueak quindi è qualcosa che produce un suono talmente flebile da essere per forza piccolo e di poco peso.
Sesquipedale invece viene dal latino ed è un aggettivo che letteralmente significa “un mezzo piede in più” (semisque + pes). Il termine si riferisce alla metrica della poesia: per l’italiano l’unità dei versi poetici è la sillaba: un verso di undici sillabe è un endecasillabo, uno di sette è un settenario e così via; per il latino invece l’unità dei versi poetici è il piede, una misura che dipendeva dalla lunghezza delle vocali.
Senza lanciarci in una lunga spiegazione sulla metrica latina, sesquipedale indica una parola così lunga da durare un piede e mezzo, quindi lunghissima, esagerata. Orazio nell’Ars poetica parlava di sesquipedalia verba, proprio per indicare quelle parolone usate da oratori e politici per farsi belli pur essendo incomprensibili4. Per traslazione finisce per indicare genericamente qualcosa di enorme, ma anche qualcosa di ampolloso o di grossolano.
Magari quel prof di logica matematica parlava di errori sesquipedali, che sono quelli che facevo io.
E per concludere, arriviamo a pisquano sesquipedale: nonostante io ammetta di non averlo mai sentito, è una frase sempre di zona lombardo-emiliana e, sulla falsa riga di Orazio, indica una persona che fa un intervento oratorio ampolloso e difficile, impossibile da capire e volto soltanto a farsi bello con l’uso di parole di cui nemmeno lui sa bene il significato.
cosa che non sarebbe stata improbabile: tendo a inventarmene spesso.
lezione di vita esemplificativa: spiegare alle coinquiline non lombarde a Bologna che sì, avrei buttato io il rudo uscendo di casa.
continua la grande tradizione della burrasca di insegnarvi modi interessanti per insultare i nemici (e gli amici, perché no)
a volte apposta per essere incomprensibili
Bellissima! Ancora mi esplode il cervello a pensare che pisquano è in effetti una parola vera!
Bellissima Burrasca stamattina! Ho imparato anche "d’antan", non l'avevo mai letto! Per le prossime suggerisco "gargantuesco" (Kill Bill docet)