Ciao pirata,
come stai? Com’è iniziato questo nuovo anno?
Dicembre è stato per noi un mese con poche burrasche, mentre a Novembre abbiamo inaugurato un filone sulle storie linguistiche interessanti che sembra esservi piaciuto molto. Quindi, perché non inaugurare l’anno nuovo con un racconto simile?
Avete mai bevuto un tè chai? Nel mondo occidentale viene chiamato così un tè nero aromatizzato con cardamomo, chiodi di garofano, cannella, pepe e zenzero a cui poi viene aggiunto il latte.
Questo nome però è incredibilmente scorretto, o meglio, si tratta di un pleonasmo, un’espressione verbale superflua che sarebbe meglio espressa con meno parole.
Sono pleonasmi, per esempio, le espressioni “uscire fuori” ed “entrare dentro”, perché uscire ed entrare contengono già al loro interno i concetti di “fuori” e “dentro”; è un pleonasmo anche dire “a me mi”, così come “non me ne importa di questo”: basterebbero “a me” oppure “non mi importa di questo”.
A differenza di quello che molti pensano, queste formule non sono dei veri e propri errori grammaticali, ma delle espressioni superflue, inutili, appunto pleonastiche. Il termine viene dal verbo greco pleonàzoo (πλεονάζω), ovvero “sovrabbondare”, da pléon (πλέον), “più”.
Una categoria particolare di pleonasmi, a cui appartiene anche “tè chai”, è quella che riguarda luoghi e prodotti del mondo che sono stati oggetto di un incontro tra lingue, per colonizzazione o commercio, e che quindi presentano dei nomi pleonastici, che cioè contengono qualcosa di superfluo.
È il caso dei deserti del Sahara e del Gobi, che si chiamano letteralmente “deserto del deserto”, poiché Sahara viene dall’arabo sahrā (الصحراء), “deserto”, e Gobi viene dal mongolo gobi (Говь / ᠭᠣᠪᠢ), “deserto”. I vari fiumi “Reno” e “Avon” d’Europa si chiamano “fiume fiume" perché derivano i loro nomi da due diverse parole celtiche per dire “fiume”, rēnos e abona. Il pane naan è un “pane pane”, perché naan (नानl) è il termine Hindi per il pane.
Di esempi ce n’è infiniti e derivano tutti da momenti storici in cui parlanti di lingue diverse si sono incontrati, in maniere più o meno pacifiche, e hanno avuto bisogno di trovare un termine comune per indicare un oggetto o un luogo che era il centro della loro comunicazione. La scena quindi, è la conversazione tra due parlanti di lingua A, che si trovano in una zona in cui si parla la lingua B, e un parlante di lingua B, e si svolge così:
Parlante Lingua A: “Come si chiama questo fiume?”
Parlante Lingua B: “È un ✨fiume✨”
Parlante Lingua A: “Che nome interessante. Giacomo, questo fiume si chiama ✨fiume✨“
Giacomo, che parla la Lingua A: “Aah, chiarissimo! È il fiume ✨Fiume✨”
E questo è anche ciò che è successo al nostro tè chai dell’inizio. La preparazione del tè con latte e spezie è tipica della penisola indiana e per questo motivo sentiamo il bisogno di distinguere questa ricetta dal semplice infuso di foglie di tè; perciò lo chiamiamo chai, dall’hindi cāy (चाय).
Peccato però che cāy (चाय) significhi semplicemente “tè”, e il nome corretto per questa preparazione sarebbe masala cāy (मसाला चाय), ovvero “tè speziato”1. Quando diciamo tè chai, stiamo quindi dicendo “tè tè”, commettiamo un pleonasmo, e non stiamo in realtà dando nessuna vera informazione sulla ricetta o sul tipo di spezie che abbiamo usato.
La burrasca sul tè però non è terminata qui.
Sapete chi, in Europa, non ha problemi con il pleonasmo del tè chai?
Tutti i paesi segnati in rosso in questa mappa:
Questa mappa è consultabile online nella sua forma integrale sul sito del World Atlas of Language Structure, un database creato da 55 autori accademici che raccoglie proprietà fonologiche, grammaticali e lessicali di varie lingue posizionandole su degli atlanti facilmente consultabili.2
Qui potete vedere segnati in blu quei paesi che chiamano il tè con una parola che deriva dal termine tê; mentre in rosso quei paesi che chiamano il tè con una parola che deriva dal termine cha3.
Entrambi i termini sono cinesi e si esprimono con il carattere 茶; la differenza però sta nella pronuncia. Questo carattere infatti, in cinese Mandarino e nella maggior parte dei dialetti della Cina si legge, appunto, cha; nella provincia del Fujian e nell’antistante Taiwan, invece, lo stesso carattere si legge tê.
Perché quindi alcuni paesi d’Europa, quindi, seguono la pronuncia di questa zona costiera della Cina?
Il motivo risiede nel modo in cui le diverse zone hanno scoperto e importato il tè dalla Cina; i principali mercanti di tè verso l’Europa sono stati, nel corso dei secoli, gli olandesi, che commerciavano principalmente via mare; per questo motivo avevano rapporti più con le zone costiere della Cina che con quelle interne, e incontrarono il tè nell’isola di Taiwan e nella provincia del Fujian, dove impararono a chiamarlo, appunto, tê.
Tramite questa tratta e con il commercio olandese, buona parte dell’Europa chiama la pianta del tè attraverso la pronuncia specifica di una zona molto precisa della Cina.
Le zone segnate in rosso sulla prima mappa, invece, sono aree dell’Europa dell’est che, per vicinanza geografica e storica - nel senso di storia di imperi e di tratte commerciali - hanno importato il tè non via mare, ma via terra, attraverso la Via della Seta. Queste zone, quindi, non hanno conosciuto la pronuncia del Fujian, ma il ben più diffuso termine cinese cha.
Per farvi qualche esempio:
Famiglia cha:
Russo: chay (чай)
Albanese/Ceco/Slovacco/Sloveno/Croato/Bosniaco e altri: çaj
Turco: Çay
Greco: tsài (τσάι)
Famiglia tê
Olandese: thee
Tedesco: tee
Inglese/Ungherese: tea
Spagnolo/Italiano: tè
Concludiamo con due casi a parte, molto interessanti: il primo è quello del portoghese, che, se riprendete la mappa in alto, è un’enclave rossa in mezzo a una serie di paesi blu. Questo perché il Portogallo, a differenza del resto dell’Europa occidentale, non comprava il tè dagli olandesi ma aveva una sua personale tratta marittima del tè con Macao, altra zona costiera della Cina che però pronuncia 茶 come cha, e da qui deriva il portoghese chá.
Il secondo fa un po’ più ridere e spiegazioni storiche non ne ho: i polacchi chiamano il tè herbata, nel senso di “infuso di erbe”, utilizzando la forma “tê” del cinese Min Nan, ma una teiera si chiama invece czajnik, ovvero, letteralmente “chai-etta”, “chai-cosa”.
E tu? Come chiami il tè? Esistono modi particolari per chiamarlo nella tua lingua/dialetto/zona?
Se siete appassionati di cibo indiano avete già forse incontrato la parola masala e magari, come me, eravate convinti indicasse uno specifico mix di spezie. In realtà ogni volta che su un menu o su una confezione è segnato “masala”, indica semplicemente la sua qualità di piatto/mix speziato.
Per esempio è disponibile un atlante che mostra in quali zone del mondo la lingua possiede dei generi (come “parole maschili”, “parole femminili”, “parole neutre”) e dove non ne possiede e dove invece ne possiede ma non sono basate sul sesso biologico. Oppure un atlante che mostra in quali zone del mondo la struttura della frase è “prima il verbo e poi l’oggetto del verbo” e in quali è “prima l’oggetto del verbo e poi il verbo” - per intenderci, la differenza tra “fare una torta” e “una torta fare”.
Da cui deriva anche l’hindi cāy (चाय) di cui poco sopra.
L'identificazione di un pleonasmo sembra essere molto sottile. Si potrebbe restringere ai termini di una stessa lingua? Cosi "Te chai" non è un pleonasmo.
Bellissima! Soprattutto dopo essere stato in Portogallo ed aver bevuto diversi Cha