Parole difficili - cuprico
Ciao pirata,
la burrasca di oggi è per tutti quelli di voi che nella vita hanno studiato chimica.
Sapete quale elemento è evidenziato nella figura in alto? Si tratta del rame, qui segnato in viola assieme agli altri "metalli di transizione”, che vengono così chiamati perché, nella tavola, fanno da ponte tra i metalli alcalino terrosi a sinistra (quelli rossi) e i metalli post transizione a destra (quelli verdi). Sono anche accomunati da altre caratteristiche più scientifiche ma io ero più brava in geografia che in chimica quindi vi dico semplicemente dove si trovano sulla tabella.1
Quello di cui voglio parlarvi oggi non è il termine rame, ma del suo aggettivo corrispondente, cuprico. Come abbiamo già visto con l’aggettivo eburneo infatti, la coppia rame - cuprico è un esempio interessante di un sostantivo che dal latino è giunto all’italiano passando per il parlato del popolo, e quindi si è modificato tramite l’evoluzione della conversazione, mentre il suo aggettivo corrispondente è arrivato a noi senza nessun cambiamento ed è quindi una voce dotta e contemporaneamente l’unica voce esistente.
Cuprico significa “di rame”, “che contiene rame”, “relativo al rame”; l’origine di questa parola, oltre a raccontarci perché diciamo “cuprico”, spiega anche il motivo per cui il metallo oggi viene chiamato invece “rame”.
La lingua latina utilizzava infatti un unico termine, aes, per indicare il rame e il bronzo, che altro non è che una lega composta principalmente da rame. Il termine poteva anche essere usato per indicare generalmente la moneta sonante, e anche per questo probabilmente i due metalli erano accomunati.
Contemporaneamente in latino esisteva anche il termine cuprum, che indicava esclusivamente il rame, forse con un’accezione più specifica e scientifica: un po’ come se con aes si volessero indicare generiche ferraglie di rame e bronzo, mentre invece cuprum indicasse il metallo specifico.
Cuprum effettivamente ha un’origine molto puntuale, anzi, geografica2: il termine si riferisce all’isola di Cipro, (in greco Κύπρος, traslitterato in Kypros), poiché lì si trovavano i giacimenti più ricchi del rame più puro a cui il mondo antico aveva accesso: il metallo lì scavato veniva chiamato aes Cyprium, metallo di Cipro, fino a essere semplicemente definito cuprum; il suo aggettivo, cupreus, passa poi in italiano come cuprico.
Ma perché allora diciamo rame?
Come vi raccontavo, l’evoluzione è da ricercare nel parlato del popolo: nel latino tardo da aes, (genitivo aeris) deriva il termine aerāmen, un sostantivo formato da aes, aeris e il suffisso -men, che serve a creare nuovi sostantivi.
Quando si sostantiva un sostantivo tendenzialmente lo si rende ripetitivo oppure in questo caso si fa una metonimia, ovvero si vuole parlare di un oggetto fatto di un certo materiale indicando solo il termine del materiale stesso: gli aerāmen sono infatti gli utensili fatti di rame. Dagli aerāmen con qualche taglio qua e là nasce il rame così come lo chiamiamo oggi.
Abbiamo viaggiato in questa etimologia ma siamo rimasti un po’ in superficie rispetto al nostro solito - insomma, ci siamo fermati al latino. Vi lascio quindi con una chicca più antica: il termine aes viene dalla radice Proto-Indoeuropea h₂éyos, che è l’unica parola in Proto-Indoeuropeo che si riferisce inequivocabilmente a un metallo; non esiste per esempio una parola per il ferro, e le parole usate per l’oro e l’argento si riferiscono alle loro proprietà di luminosità e colore invece che alla loro caratteristica di metalli. I termini Proto-Indoeuropei che derivano dalla radice h₂éyos, invece, si riferiscono sempre al concetto di metallo o nello specifico al rame o al bronzo, indicando che questo metallo e questa lega erano in uso in antichità.
Questa cosa non è vera, ero bravina in chimica finché non c’era della matematica di mezzo.
Quindi forse non ero poi così brava in chimica.
Ve l’ho detto che in geografia vado bene.