Ciao pirata,
la parola di oggi è difficile ma non troppo; è probabile l’abbiate già incontrata e persino usata; forse non nel parlato di tutti i giorni, ma magari nella prosa scritta.
A volte, infatti, quando scriviamo un racconto ci può capitare di voler abbellire la scrittura con dei sinonimi “alti” di parole più comuni1; così, invece di usare aggettivi conosciuti come “blu”, “rosso”, “bianco”, diciamo “oltremare”, “vermiglio”, ed…“eburneo".
La parola di oggi è eburneo; è un sinonimo di “bianco” o, per essere più precisi, è l’aggettivo che indica ciò che è fatto d’avorio: una cosa eburnea quindi o è fatta d’avorio o è color avorio.
È un esempio interessante, e non poco diffuso nella nostra lingua, di quelle parole che nel sostantivo dal latino sono arrivate all’italiano passando per il parlato del popolo, e quindi si sono modificate tramite l’evoluzione della conversazione, mentre nell’aggettivo corrispondente sono arrivate a noi senza nessun cambiamento e sono una voce dotta - perché direttamente latina - e contemporaneamente l’unica voce esistente. È il caso di “cavallo”, che viene dal volgare caballus e del suo aggettivo corrispondente, “equino”, che viene dal latino equus.
Stessa cosa vale per “avorio” ed “eburneo”. Il sostantivo latino ebur, avorio, evolve nel parlato e tramite un betacismo2 al contrario si trasforma in “avorio”, mentre il suo aggettivo corrispondente, eburneus, ă, um, non evolve in altro che eburneo.
Ma qual è l’origine di questa parola? Per una volta non dobbiamo andare a cercare una radice Proto Indoeuropea ma scopriamo che l’Antica Roma prese in prestito questa parola direttamente dall’Egitto, cosa che non dovrebbe troppo stupirci considerando che l’avorio non cresce sugli alberi dell’Appennino.
Da qui in poi metto le mani avanti: se il mondo Proto Indoeuropeo mi è abbastanza familiare, ciò che sta fuori non è proprio la mia area di competenza: quello che segue è ciò che ho ricostruito tramite delle ricerche abbastanza attendibili, ma se qualcuno esperto di geroglifici e linguistica volesse interagire e offrire delle informazioni in più sarei contentissima.3
Un’ipotesi possibile sull’origine di ebur è quella che lo fa risalire alla radice Proto-Afroasiatica *leb-, passando per il demotico4 yb a cui, in antico egizio, corrisponde il gruppo di geroglifici ꜣbw, la cui pronuncia nell’alfabeto latino viene normalmente traslitterata come abu e che significa “elefante”.
Ora, perché per scrivere “elefante” in geroglifici non sia sufficiente disegnare un elefante - visto che evidentemente è un simbolo disponibile stando al disegno più a destra - io non lo so. Tutto sommato vi avevo avvertito sulle mie lacune. Tuttavia è molto interessante vedere come dalla stessa radice viene un altro gruppo di geroglifici, che mi sembra di capire abbiano lo stesso suono ma significato diverso:
Questo gruppo - in cui non c’è un elefante - significa “zanna d’elefante” o “avorio”, ed è da questo termine che derivano il demotico yb, e con questo termine probabilmente il materiale viene commercializzato verso Roma, dove la radice yb incontra la necessità di declinazione del latino e diventa ybor, yboris, poi ebor, eboris e infine, ebur, eboris5.
Ci sarebbe un vaso di Pandora da scoperchiare su questi geroglifici, anche perché la radice Proto-Afroasiatica *leb- da cui vi ho detto derivare tutto questo mondo linguistico, ha come significato primario quello di cessare, terminare, e probabilmente è imparentato con il termine ꜣb, unghia, a cui si arriva passando proprio per ꜣbw, avorio. Come se la zanna e l’unghia fossero le estremità rispettivamente di elefanti ed esseri umani, il punto in cui termina il corpo degli uni e degli altri; o magari potrebbe essere che per gli egizi non c’era molta differenza tra zanna e artiglio quando sei da solo di fronte a un animale selvatico: con qualunque cosa si difendano, è probabile che alla fine termini tu.
Chi mi conosce bene sa che la prosa forzatamente “alta” è una cosa che detesto e contro cui ho una crociata personale, se non altro perché non perdo occasione per lamentarmene. Tuttavia so anche che è una crociata personale che non porta da nessuna parte e che io stessa non sto certo aiutando scrivendo una newsletter sulle parole difficili.
“In linguistica, fenomeno, presente nello spagnolo, nei dialetti italiani centro-merid., nel còrso, nel sardo, ecc., per cui avviene uno scambio tra le consonanti v e b (per es., nella parola voce, la v iniziale diventa b dopo una finale precedente che produca rafforzamento: a bboce).“ Treccani
Fun fact, da piccola per un po’ di tempo ho voluto fare l’egittologa.
Con “demotico” si designano l’evoluzione del sistema di scrittura e il linguaggio del popolo egizio tra il 650 a.C. e il 450 d.C., opposto al sistema di scrittura geroglifico, riservato ai monumenti, e a quello ieratico, una semplificazione dei geroglifici adatta a documenti ufficiali e letteratura.
Il perché di questa evoluzione sta tutto nelle sillabe e negli accenti e, se avete già studiato latino, mi ringrazierete per avervi risparmiato questa storia.
Però ora vorrei proprio sapere perché nel geroglifico "zanna" non c'è la figura dell'elefante.