Ciao pirata,
Oggi parliamo di una parola davvero difficile e che non si usa tanto spesso, perché ogni tanto devo scrivere delle burrasche che corrispondano alla descrizione che vi ho fatto quando vi siete iscritti.
La parola di oggi ha derivazione greca e il suo utilizzo è quasi esclusivamente limitato al racconto del mondo della Grecia antica; è probabile l’abbiate già incontrata se avete studiato questi argomenti nella vostra vita, e che non abbiate mai trovato un modo per usarla al di fuori di quel contesto.
Effettivamente, questa parola non è mai stata usata in modo molto versatile, ma la sua etimologia è abbastanza generica per poterla ripescare dal cappello e dirla in contesti in cui vogliamo sembrare più intelligenti.
Il termine ctonio è un aggettivo che indica qualcosa/qualcuno che appartiene al mondo sotterraneo, tendenzialmente agli inferi. Una specifica importante da fare è che il suo significato è legato al mondo religioso, quindi con “qualcuno che appartiene al mondo sotterraneo” indichiamo una divinità, e non una talpa o un lombrico.
Il termine ctonio1 viene dal greco chthón2 (χθών), terra; è una parola antica, che deriva dalla radice protoindoeuropea *dhghem-, che a sua volta indica il concetto di “terra”.
Pensate a quanto questo suono sia vecchio e originario. Una radice protoindoeuropea che indica uno degli elementi più familiari all’uomo: ciò che tutti i giorni sta sotto i nostri piedi. Molto poco altro infatti c’è da dire su chthón, perché è un concetto talmente semplice e universale che questa parola significa questo, e solo questo.
La radice *dhghem-, invece, tramite varie evoluzioni, dà origine a più parole: se in ctonio quel dhg iniziale diventa un suono duro come “ct”, in un passaggio latino viene perso completamente la parte consonantica iniziale e viene dato risalto all’aspirazione della h: nascono parole come humus, inumazione, riesumare, ma anche…umano. Il binomio inscindibile tra l’essere umano e la terra viene espresso al massimo nella lingua: non c’è l’uomo senza la terra.
L’aggettivo ctonio in italiano oggi vive solo all’interno di altre parole: autoctono, alloctono, e androctono3. Per il resto viene utilizzato da solo per indicare, come nell’antica Grecia, una categoria specifica di divinità.
Le divinità ctonie sono legate al “sottoterra”; a differenza degli dei legati alla “sopraterra” che presiedono attività come il raccolto e approvvigionamento di cibo, gli ctoni presiedono l’oltretomba e tutti i culti legati alla morte.
Questa differenza tra sotto e sopra esiste, ma non si tratta di due lontanissimi estremi di una linea: piuttosto le divinità ctonie e quelle della terra sono speculari le une con le altre. Sulla linea della crosta terrestre sopra stanno gli uni e sotto gli altri, opposti ma corrispondenti e spesso in rapporto tra loro, tanto che l’antica Grecia raccontava di un ponte tra un mondo e l’altro: Persefone, la meravigliosa figlia di Demetra dea del raccolto, la quale, da ragazzina, viene rapita dal dio degli inferi Ade che la costringe al matrimonio con l’inganno rendendola consorte dell’oltretomba.
La storia di Persefone illumina in maniera lampante come il mondo antico considerava il rapporto tra la vita e morte, il sotto e il sopra, e l’avvicendarsi delle stagioni.
Proprio quest’ultimo punto è interessante: spesso le divinità ctonie si occupano anche di stagioni, calendario e passaggio del tempo; in parte perché il tempo che passa e il futuro che si avvicina sono precursori del momento della morte; in parte perché il ciclo delle stagioni per le popolazioni antiche era spesso visto come un passaggio tra morte e vita: come vi raccontavo qui, e qui riguardo i Celti con le festività di Samhain e Imbolc, il susseguirsi di stagione fredda e stagione calda comportava il passare primavera ed estate in godimento dell’abbondanza della frutta e del raccolto ma anche a preparare parte di quell’abbondanza per fronteggiare una stagione fredda che sarebbe stata buia, rigida e priva di nuovo frutto.
Questo ciclo era letteralmente un ciclo di vita e morte: la vita della terra in primavera ed estate che sostentava la vita dell’uomo, e il riposo/morte della terra in autunno e inverno che costringeva al sacrificio e al riparo.
Persefone impersona questo ciclo di stagioni; secondo il suo mito, la ragazza, mentre si trovava a Vibo Valentia4 in gita con le amiche, vede in un campo spuntare un narciso meraviglioso, che la strega con la sua bellezza. Persefone, ipnotizzata, lo coglie, ma nel tirare il gambo apre sotto il fiore una voragine da cui Ade la afferra e la tira a sé. Dopo l’immediato matrimonio, Persefone, triste e sconsolata, trova le forze di mangiare solo sei chicchi di melograno, ignara del fatto che consumare i frutti degli inferi l’avrebbe costretta a rimanervi per sempre.
Chiaramente sua madre, Demetra, diventa una furia, e, disperata, va letteralmente “in pensione”: si trasforma in una donna anziana, maledice Zeus, e smette di presiedere al raccolto e alle messi, che prima fiorivano tutto l’anno; l’umanità cade in un lunghissimo inverno5, senza cibo e senza luce. Zeus, arrabbiato più per l’offesa che per il destino dell’umanità, intercede per mettere una pezza sulla diatriba: poiché Persefone ha mangiato solo sei chicchi di melograno, sarebbe stata legata agli inferi per sei mesi l’anno, e gli altri sei avrebbe potuto raggiungere la madre in superficie.
Persefone quindi raggiunge Demetra ogni primavera, e lei, per contentezza, fa rifiorire la terra; e scende negli inferi d’autunno, portando con sé la felicità di sua madre che per i sei mesi successivi non lavora per dispetto, lasciando l’umanità nella terra fredda e arida. Il cerchio tra la terra e l’uomo, le divinità ctonie e il ponte tra il sotto e il sopra si chiude così.
Persefone ha tanti nomi nella mitologia, ma tra questi viene spesso chiamata anche Kόre (Κόρη), giovane donna, un nome comune per indicare tutte le ragazze ma che nel suo caso è scritto con la maiuscola: come se Persefone fosse la personificazione dell’essere una giovane donna. La parola Kόre appartiene alla radice protoindoeuropea *ḱer-, crescere, far crescere, nutrire, e, per una ragione che non conosco, significa anche “pupilla dell’occhio”, un po’ come se in sé contenesse la promessa di una visione di crescita futura.
Persefone, Kόre, la giovane donna, in se stessa possiede il potere di far crescere il mondo attorno a lei, ma non è questo il suo destino: Demetra, il cui nome significa “madre della terra”, è la compiutezza di questa maternità ed è lei a controllare la fertilità del terreno e del raccolto. Persefone è colei che, divinità ctonia, è in grado di vedere con la sua pupilla il futuro del raccolto mentre si trova ancora negli inferi e che, essendo anche figlia della madre della terra, con la sua presenza lo rende possibile; perché accada, deve passare sei mesi nell’Ade, e uscirne portando con sé la sua promessa.
Ora, abbiamo detto delle cose meravigliose su Persefone e sul cerchio delle stagioni come simbolo del ciclo della vita e della morte, ma ci rimane la domanda dell’inizio: in che occasione mai potremmo usare ctonio se non per parlare delle divinità dell’oltretomba? Be’, anche se vi ho detto che ctonie sono le divinità e non i lombrichi, tecnicamente ctonio significa solo “sotterraneo”, quindi niente vi vieta di chiamare così il traforo del Monte Bianco, o il sottopassaggio della stazione. Chissà che la vita di tutti i giorni non diventi un po’ più epica.
Ctonio Ctartonio
Sicuramente questo disastro di c, h e t risulta particolarmente intimidatorio all’inizio di una parola, tuttavia alcuni di voi potrebbero trovarlo familiare: se vedete delle assonanze tra questa parola e Chtulhu, il gigantesco mostro sotterraneo di Lovecraft, non avete torto. Lo stesso scrittore nel 1923 suggerì in I ratti nei muri di aver creato questo nome per rimandare proprio al termine chthón, in greco antico.
Quest’ultimo è il nome di uno scorpione dalla puntura letalissima il cui nome significa proprio “uomo sottoterra” per dire che se ti punge…sei un uomo che finisce sottoterra.
Non sto scherzando; non era ancora Vibo Valentia, ovviamente, ma uno dei posti che vengono indicati come luogo del buco nella terra da cui si accede agli inferi è Hipponion, in Magna Grecia…cioè Vibo Valentia.
Troni di spade ne abbiamo?
Ctonio -> chtulhu ... ci stavo pensando mentre leggevo. È la ciliegina su questa torta squisitissima! Complimenti alla cuoca!
La storia di Persefone l'avevo già letta (ma un ripasso non fa mai male 😉) ma la parola ctonio non la conoscevo...grazie !