La parola di oggi e la storia di questa burrasca sono simili a quella volta che ho scritto una burrasca e disegnato un’illustrazione sulla parola lutulento per poi scoprire che avevo capito un po’ male l’etimologia.
È anche una parola non particolarmente complicata, che sicuramente abbiamo sentito e di cui sappiamo - a grandi linee - il significato, ma che non usiamo tanto spesso e le cui sfumature semantiche sono un po’ meno conosciute.
La parola di oggi è abominevole.
Inizialmente ero convinta che abominevole potesse venire da ab + homo, ovvero “lontano, distante dall’essere umano” e quindi volevo parlare di come siamo portati a giudicare come scorretto ciò che è lontano da noi, che è diverso, e per rimarcare avrei parlato dell’Uncanny Valley1, .e di come ci piacciono le cose che ci somigliano finché non sono uguali a noi, e a quel punto ci fanno ribrezzo - un po’ come quando ti dicono che quella persona che ti sta sulle balle ti somiglia tantissimo.
L’illustrazione sembra non c’entrare molto ed effettivamente avete ragione ma mi ero immaginata questa cosa un po’ futuristica e cibernetica e non ho tempo di disegnare due cose quando mi sbaglio quindi facciamo finta che abbia senso.
Abominevole in realtà viene dal latino ab + omen, quindi, invece di significare “lontano dall’uomo”, significa “lontano dal presagio” o “lontano da ciò che è funesto”. Sembrerebbe da questa descrizione che quindi “abominevole” indichi una cosa “lontana dal funesto” mentre invece indica l’azione di allontanarsi da qualcosa di funesto.
Indica allo stesso tempo un sentimento di rigetto nei confronti di qualcosa di malaugurato e la caratteristica di “malauguratezza” di una certa cosa. In latino esiste il verbo abominari che significa “respingere come cattivo presagio” e che quindi passa a indicare una cosa che va respinta perché spaventosa e orribile e, infine, abominevole diventa direttamente un sinonimo per “spaventoso” e “orribile”.
Fun fact, l’unica occasione in cui probabilmente usiamo “abominevole” è nel nome “Abominevole uomo delle nevi” che però traduciamo direttamente dall’inglese “Abominable Snow Man” prendendolo dai primi resoconti giornalistici che riportavano l’esistenza degli Yeti sull’Himalaya. Il termine inglese però era una traduzione errata del nome nepalese Metoh Kangmi, che significa semplicemente “uomo-orso” e che però non indicherebbe una creatura mostruosa ma un tipo di orso rosso dell’Himalaya con delle impronte molto simili a quelle umane.
Ecco, questa sarebbe stata un’illustrazione più adatta.
Potete trovare informazioni al link che vi ho messo ma è talmente interessante che mi sembra criminale non parlarvene anche qui. L’effetto “Uncanny Valley” - letteralmente, “valle dell’inquietante” - è una teoria proposta nel 1970 dallo studioso di robotica Masahiro Mori che stipula, dopo una serie di esperimenti, come gli esseri umani siano più portati ad apprezzare un robot se questo ha un design che ricorda l’essere umano perché ci spinge all’empatia (quindi per esempio se, invece di essere un parallelepipedo con le pinze, ha due braccia, due gambe, una faccia con cui esprimere emozioni…) e che questo livello di gradimento cresce più questo design si spinge verso il realismo fino però ad arrivare a un punto in cui il gradimento crolla e gli esseri umani cominciano a descrivere un robot come inquietante, o grottesco. In altre parole, c’è un limite di somiglianza con l’essere umano oltre il quale cominciamo a provare inquietudine.