Ciao pirata,
sono stata un po’ assente ma avevo bisogno di ricaricare; infatti sono andata in biblioteca e ho fatto scorta di libri per l’estate e adesso posso ritornare qui con la testa piena di pensieri da condividere.
Quando un libro mi piace molto di solito me ne rimangono impresse delle frasi per anni. Le leggo e immediatamente mi si tatuano le parole nel cervello, la loro musicalità, il suono e l’impatto che hanno avuto su di me, e occasionalmente la mia testa me li ripropone. Avete presente quando avete in mente un motivetto che non riuscite a togliervi?1 A me succede anche con queste frasi, un po’ come se il mio lobo frontale potesse ogni tanto propormi un cartiglio dei Baci Perugina accanto a Figli delle stelle di Alan Sorrenti.
In questi giorni ho letto l’ultimo uscito di Bianca Pitzorno, autrice che ha plasmato la mia infanzia e preadolescenza e che da sempre ha un posto speciale nella mia libreria2. Nonostante abbia scritto prevalentemente per bambine e ragazze, negli ultimi anni ha pubblicato dei testi per adulti tra cui il suo ultimissimo Donna con libro. Autoritratto delle mie letture, una sorta di breve autobiografia letteraria in cui racconta i testi che più hanno segnato la sua vita.
Mentre leggevo mi segnavo tutti i titoli che non conoscevo o che non ho ancora letto nella vita, e nel farlo ho riscoperto quanto vorrei leggere La montagna incantata di Thomas Mann. Mi era già successo da ragazzina di trovare in un libro un qualche letterato o scrittore che raccontava l’impresa di leggere La montagna incantata come di qualcosa di epico e appagante, simile a scalare l’Everest o arrivare dopo anni sulla Luna.
Ricordo che allora decisi che non avrei iniziato subito dalla Montagna incantata: mi sembrava una cima troppo alta per una principiante; andai in libreria e comprai altri tre libri di Mann che mi sembravano poter essere più abbordabili, come se dovessi allenare la mente alla sua scrittura per affrontare la salita. Presi I Buddenbrook, Tonio Kroger e Il professor Unrat (L'angelo azzurro).
Ora, I Buddenbrook non sono mai riuscita a finirli3 e potrei vergognarmene ma sinceramente io su questo sono molto pennachista4 e credo che se un libro è indigesto vada riposto in libreria e recuperato in un momento di miglior metabolismo che per me e i Buddenbrook non è ancora giunto.
Il professor Unrat (L'angelo azzurro), invece, mi piacque moltissimo, ma arrivai alla fine prima di accorgermi che il romanzo non è di Thomas ma di Heinrich Mann, suo fratello, e avevo preso una cantonata in libreria.
Quindi l’unico successo di questo progetto di allenarmi per La montagna incantata fu il Tonio Kroger.
Del Kroger mi rimase impressa la musicalità di una frase, che non a caso è il punto nevralgico finale della storia. Non voglio parlare di Mann, della sua figura, di cosa simboleggia Tonio Kroger e di cosa sta parlando in questo punto - anche perché vi rovinerei il libro se decideste di leggerlo - ma questa frase tormenta la mia testa come se fosse una hit estiva.
Non vituperate quest’amore, Lisaveta […]
Schelten Sie diese Liebe nicht, Lisaweta […]
E mentre scrivevo la lista dei libri da leggere pensavo a questa frase e alla fine ho deciso di scriverci una burrasca e la Montagna incantata la compro un’altra volta.
Sono più che sicura che questa frase mi affascini per quel verbo, vituperare, una scelta di traduzione che mi stuzzica.
Il verbo originale tedesco, schelten significa “rimproverare”; proviene dalla radice Proto-Indo-Europea *kelh₁- che rimanda a un’idea di grido, di un suono fastidioso (per esempio è la stessa radice di clamore). Il suo parente più interessante è l’inglese scold che significa più o meno la stessa cosa: viene usato soprattutto in riferimento ai bambini, è un rimprovero non troppo pesante. Si pensa che l’origine di questa parola sia da ricercare nella figura degli skald, poeti e cantori di zona norrena e vichinga che forse si dilettavano in componimenti canzonatori e vagamente offensivi.
Ora, la traduzione che ho io e che mi frulla in testa - e che ora non trovo e quindi non so dirvi di chi sia5 - decide di tradurre questo schelten con vituperare.
Il termine è molto più forte che nell’originale: un vituperio è un’offesa pesante, ingiuriosa e diffamante contro qualcuno. Vituperare è anche sinonimo di disprezzare, ma a un livello così viscerale e carico di giudizio morale che a confronto quel rimprovero tedesco sembra una carezza.
Vituperare viene dall’unione di due termini latini: il sostantivo vitium, difetto, e il verbo parō, procurare, sistemare.
Vituperare significa prendere i difetti di una persona e metterli su tavolo in bella vista, portare alla luce del sole tutto ciò che di negativo c’è da svelare. Contemporaneamente l’azione di vituperio contro qualcuno gli procura ulteriore difetto, nel senso che l’insulto diventa una macchia di infamia.
Perché la traduzione che ho scelga vituperare invece di un’alternativa più leggera non lo so: altre traduzioni che ho trovato sparse per la rete per esempio usano biasimare, che forse ha un tono meno pesante, oppure rimproverare, che un po’ ci restituirebbe quell’atmosfera di un rimbrotto un po’ dolce e scanzonato. Eppure io sono così contenta di quel vituperare, che rende questa frase quasi una poesia e mi fa rimanere impressa la sua musicalità.
Non vituperate quest’amore, Lisaveta.
In inglese si chiamano earworms, vermi delle orecchie, e ho sempre detestato che in italiano non abbiamo una traduzione esatta di questa parola utilissima e così pittoresca. Al massimo potremmo dire tormentone ma non è proprio la stessa cosa.
Se avete delle figlie - ma anche dei figli - in età scolare, elementari, medie, proponete loro Bianca Pitzorno. Magari è una cosa ovvia da fare, ma se non lo è, fatelo. Posti d’onore per me: Ascolta il mio cuore - al primo posto perché ancora oggi è il manuale con cui ho navigato la mia infanzia -, Diana, Cupido e il commendatore - da leggere dopo Ascolta il mio cuore, non ne è il seguito ma alcuni personaggi ritornano - Extraterrestre alla pari, Tornatràs, La voce segreta. Per ragazze e ragazzi un po’ più grandi, ho amato La bambinaia francese che ho letto con gusto senza sapere che intreccia e riscrive la trama di Jane Eyre, e grazie al quale ho poi letto Jane Eyre.
Per dire: poi magari leggono anche Jane Eyre.
“finirli”, al plurale. Non “finire il libro”, finire proprio loro, tutti i Buddenbrook indigesti a uno a uno, come un esercito di cipolle.
Daniel Pennac, Come un romanzo.
Comunque credo un Oscar Classici Mondadori di quelli con la spina rossa; se cerco l’attuale edizione Oscar Classici Mondadori del Tonio Kroger lo vedo tradotto da Emilio Castellani, e mi sembra probabile che la traduzione della mia edizione, più vecchia, possa essere la stessa.
Leggo e vedo la Margherita bambina immersa nei libri di Bianca Pizzorno!🥰💕