Caro pirata, oggi parliamo di un termine che conosci sicuramente ma usi molto poco.
È una parola che non trova tanto spazio nel nostro vocabolario di tutti i giorni, nonostante abbia un significato piuttosto semplice; tuttavia l’abbiamo studiata e studiata e studiata in un momento in cui i nostri cervelli sono delle spugne e quindi ce la ricordiamo piuttosto bene.
Alle elementari i vostri insegnanti vi hanno sicuramente martellato per mesi con l’ortografia di -CU-, -QU-, e -CQU- e quando si usa l’uno e l’altro - acqua, cuoio, quadro, - e sicuramente vi hanno raccontato l’unica parola della lingua italiana che suona come uno di questi gruppi ma non è scritta così: soqquadro1.
In teoria soqquadro è l’unica parola della lingua italiana che contiene il gruppo QQU-; nella pratica lo contiene anche la parola beqquadro, un termine della notazione musicale che però oggi scriviamo molto più spesso come bequadro e quindi conta un po’ di meno.
Perché, però, esiste solo una parola che fa eccezione alla regola?
Dobbiamo ricercare la ragione nella storia della lettera q nella nostra lingua; la q infatti è una lettera inutile2 perché tecnicamente ha lo stesso suono della c e la sua esistenza è giustificata solo nella sua origine latina: abbiamo ereditato sia una c che una q dall’alfabeto latino e le usiamo tutte e due.
Di base, tutto nasce dal fatto che alla nostra lingua piace raddoppiare le consonanti: già solo nella parola raddoppiare rinforziamo ben due coppie, la dd e la pp. Va da sé che anche le parole che contengono una c o una q a un certo punto vogliano un raddoppiamento.
Ora, a un certo punto nella storia della nostra grammatica, qualcuno decide che mettere nero su bianco che: se accettiamo che la c viene raddoppiata con un’altra c, allora la q, per assimilazione del suono, viene raddoppiata sempre con una c: otteniamo acqua, acquazzone, acque, squacquerone…
Questa è una regola che pare piuttosto ferrea: la q si raddoppia con una c, caso chiuso, andiamo tutti a casa. Alla lingua e alla sua evoluzione, però, le regole ferree non piacciono, e, nonostante l’esistenza di questa norma, in moltissimi testi scritti fino al Cinquecento troviamo la q raddoppiata con un’altra q, come per esempio aqqua.
Col tempo, quello che è un piacere arbitrario - io scrivo acqua e tu scrivi aqqua e vanno bene entrambe - si evolve per accettare la “norma ferrea” e aqqua diventa un errore. Tuttavia, come sempre succede, qualche batuffolo di polvere sfugge alla scopa e soqquadro rimane scritto così, un’eccezione a una regola che nasceva già con qualche problema.
Potreste ricordare, in abbinamento a soqquadro, la parola taccuino; tuttavia, se soqquadro dovrebbe essere l’esempio dell’unica parola in italiano che contiene una doppia q, taccuino è un esempio dell’eccezione alla regola per cui, anche se la -u è seguita da vocale, non si fa seguire come da regola Q, ma C. Quindi, anche se è l’unica parola che contiene il gruppo -ccui nella lingua italiana, non gioca sullo stesso binario di soqquadro.
il termine tecnico è “in sovrappiù”, ma “inutile” fa più ridere.
Quindi soqquadro fa effettivamente un bel casino!
Un altro esempio della natura spiazzante della Q è quando si fa abc con la linguetta della lattina......a meno che non si abbia il gusto del campanaro burbero e solitario.
Forse è a questo che serve la Q: rivoluzione e inclusione.