Caro pirata,
grazie della tua pazienza nell’attendere questa burrasca in ritardo; ultimamente ho poco tempo e tanta stanchezza.
D’altra parte, però, la burrasca è gratis, quindi arriva quando dico io.
Oggi parliamo di poliedricità.
Un poliedro è un “solido geometrico limitato da superfici piane poligonali”. Sono poliedri i cubi, le piramidi, i dadi con qualsiasi numero di facce, e anche le lampade a forma di stella1.
Poliedro infatti è un termine molto generico: non indica una forma precisa del solido, ma solo che è un solido con più di una faccia. Il termine deriva dall’unione delle parole greche polys (πολύς), molti e édron (ἔδρον), faccia.
Quindi un poliedro è “qualcosa che ha molte facce”. Dal punto di vista geometrico, siamo a cavallo.
Dal punto di vista greco, però, non siamo lontanamente vicino neanche a un pony.
Questo termine, édron (ἔδρον) con significato di “faccia” - e in questa scrittura, senza aspirazione e con un’omicron - non lo trovo da nessuna parte se non proprio in fonti che spiegano l’origine della parola “poliedro”.
Ora, potrebbe essere anche un problema mio perché in questo momento non ho accesso a un dizionario cartaceo e quindi magari questo termine édron (ἔδρον) esiste, ma non posso fare a meno di avere dei dubbi esistenziali.
In greco antico esistono infatti dei segni, chiamati spiriti e posti sempre su vocali iniziali di parola, che indicano se prima di quella vocale è necessario pronunciare un’aspirazione o meno - un suono che noi potremmo scrivere con un’H in fronte di parola. Uno spirito dolce (per esempio questo, ἐ, aperto verso sinistra) indica che non serve pronunciare aspirazione; uno spirito aspro (per esempio questo, ἑ, aperto verso destra) indica che serve un’aspirazione.
In italiano, quando ereditiamo dal greco antico una parola che ha uno spirito all’inizio, non ci formalizziamo di fronte a spirito dolce o spirito aspro: non mettiamo nessuna H e perdiamo tutte quelle aspirazioni.2
Sapete invece chi si formalizza di fronte agli spiriti? Gli inglesi.
La parola poliedro in inglese si scrive polyhedron, con una H bella evidente in mezzo; questo significherebbe che la parola che segue polys ha uno spirito aspro, e che quindi non può essere questo fantomatico édron (ἔδρον), faccia, che invece ha uno spirito dolce.
Sapete invece che parola ci sta proprio bene e ha uno spirito aspro?
Hédra (ἕδρα), sedia3.
Quando cerco l’etimologia di polyhedron in inglese, infatti, il termine da cui viene fatto derivare è hédra; a sua volta, la parola poliedrico - a cui tra poco arriviamo, giuro - viene fatta risalire proprio alla stessa sedia.
I casi sono due: o io non mi ricordo l’esistenza della parola édron (ἔδρον), faccia - cosa non improbabile, lo ammetto - oppure qualcuno sulla pagina Wikipedia del poliedro ha preso una divertente cantonata.
La parola hédra (ἕδρα) in greco non significa solo sedia: è un termine che in sé racchiude un generico significato di “base” - per questo è compatibile con il significato di poliedro, cioè un solido con tante basi4 - e che può quindi indicare una “base su cui ci si siede” (cioè, una sedia) ma anche un trono, un posto, un tempio, o un deretano.
Giungiamo quindi a poliedrico.
Una persona poliedrica è una persona eclettica e versatile, che ha numerose e varie capacità e interessi, che è in grado di completare i progetti più disparati. Insomma, una persona con tante sfaccettature.
Ma come, dopo aver rotto le scatole con questa storia della sedia, torniamo a parlare di facce?
Ebbene, è solo un modo di dire: poliedrico viene dalle stesse parole greche da cui viene poliedro, ovvero, è una persona che ha le stesse caratteristiche di questo solido: ha tante basi, tante sedie su cui sedersi, tanti cappelli da indossare per essere sempre diverso. Forse potremmo dire semplicemente che il significato di questa hédra (ἕδρα) è una sedia affine a una base affine a un deretano e quindi forse, per un’associazione di idee viva da millenni, affine anche a una faccia.
Che geometricamente sono dodecaedri, non stelle, e di cui non conosco la storia.
Qui sto intendendo il caso di parole che abbiamo ereditato dal greco e che usiamo tutti i giorni, per esempio “ippopotamo”, che, venendo dal greco ἱπποπόταμος, con spirito aspro, dovremmo scrivere hippopotamo, pronunciandolo con una aspirazione prima della i. Nell’evoluzione dell’italiano, questa aspirazione si è persa con il tempo, e, proprio come non diciamo “ippopotamos” ripetendo la desinenza finale in -s, non pronunciamo neanche l’aspirazione iniziale.
Ovviamente chi studia greco antico, quando traslittera le parole che in greco hanno spirito aspro utilizza la H per indicarne la presenza.
Fun fact, “sedia” in greco moderno non si dice più hédra (ἕδρα), ma karékla (καρέκλα) che è come si dice “mela” in dialetto milanese 😉.
Questa cosa a livello geometrico regge? C’è qualche geometra in sala che può confermare? È il tuo momento.
in veneto sedia si dice "carega" molto simile al greco moderno
https://www.treccani.it/vocabolario/poliedro/
Treccani conferma la versione della "sedia", ossia della base, mutuando il concetto.
Immagino che il termine non sia interpretabile letteralmente, perché non sappiamo l'epoca precisa in cui è stato coniato, né quindi le abitudini verbali e concettuali.
Che bello sarebbe avere una macchina del tempo!
(credo che i glottologi avranno parecchi problemi tra 200-300 anni con le nostre espressioni)