Errata corrige: la versione originale dell’articolo inviata via mail chiamava il reato “circoscrizione d’incapace” e non, correttamente, “circonvenzione d’incapace”. Non è un reato mettere gli incapaci in un cerchio. Grazie ad Alessandro di Podcast Mirabilia per avermi gentilmente avvisata dell’errore 😂
Ciao pirata,
la burrasca di oggi viene dal fatto che sono passata di fronte a un cinema che aveva ancora in programmazione Il signore delle formiche e ho pensato “ah, che bello, mi andrebbe di vederlo al cinema”, ma in realtà il cartellone era vecchio e ho perso la mia occasione.
Il film - di cui vi parlerò poco perché come potrete aver notato, non l’ho visto - racconta la storia dell’intellettuale e drammaturgo Aldo Braibanti (1922-2014), che nel 1968 fu l’unica persona a essere mai condannata per il reato di plagio, un residuo legale dell’Italia fascista che fu abrogato poi nel 19811.
Parlare di “residui legali” del fascismo però è un po’ un’inesattezza. Sapevate che dall’unità d’Italia abbiamo avuto ufficialmente solo due codici penali? Il primo, il codice Zanardelli, entrò in vigore nel 1889, una trentina d’anni dopo l’unità, e rappresentò l’unificazione normativa della penisola; il secondo, il codice Rocco, entrò in vigore nel 1930 per iniziativa e progetto della dittatura fascista; durante il dopoguerra fu soggetto alle riforme necessarie per renderlo il codice civile della nuova repubblica e non del regime precedente2, ma il codice di per sé non fu abrogato o sostituito con un altro. Da allora il codice Rocco è stato modificato, epurato e ammodernato più volte, ma di fatto è ancora oggi il nostro codice penale in vigore.
Il reato di plagio nel codice Rocco aveva questo testo:
“[…] sottomissione di una persona al proprio volere, in modo da ridurla in totale stato di soggezione”
Era una variante del reato di schiavitù, dalla formulazione volutamente vaga e di difficile applicazione; la cosa più vicina che tuttora è in vigore nel nostro codice penale è il reato di circonvenzione di incapace, che in teoria dovrebbe proteggere le persone più “indifese”, in virtù di difficoltà fisiche o psicologiche o minore età, da chiunque voglia approfittarsi di loro e costringerli a comportamenti per loro dannosi.
Il problema del reato di plagio così formulato è che la sua vaghezza lo rende applicabile a qualsiasi contesto e a qualsiasi interazione in cui una persona, dopo aver sentito l’opinione di un’altra, cambia la propria posizione e i propri comportamenti, sia che questo cambiamento sia frutto di un’evoluzione personale che di una pressione/manipolazione esterna. Per questo motivo Aldo Braibanti fu accusato dalla famiglia di Giovanni Sanfratello di aver “plagiato” il ventitreenne convertendolo alle proprie visioni e principi politici e avendolo “costretto” all'omosessualità
Ma perché il reato di plagio si chiama così, e perché oggi quando parliamo di “plagio” intendiamo la riproduzione senza autorizzazione di un’opera posseduta da qualcun altro?
Plagio viene dal greco plàgios (πλάγιος), obliquo, sghembo; questo aggettivo viene sostantivato nella sua forma neutra, plàgion (πλάγιον) per significare sotterfugio. Per capire come si arriva ai giorni nostri dobbiamo però passare per il latino.
Il termine infatti arriva in latino e invece di sotterfugio assume il significato giuridico di trafugare; nello specifico, il plagium per il diritto romano è il furto di uomini, ovvero la sottrazione di uno schiavo altrui tramite la persuasione o la corruzione dello stesso, ma anche il rapimento e la vendita come schiavo di un uomo che si sa essere libero. Non è chiarissimo come si passi dal plàgion greco al plagium romano, forse il senso può essere che questa attività criminosa è un sotterfugio, ma quale attività criminosa non lo sia rimane da discutere.
È con la consapevolezza di questo significato che lo scrittore latino Marziale apostrofa come plagiarius, ladro di schiavi, un poeta non identificato che andava in giro a spacciare come suoi dei poemi di Marziale stesso.
Commendo tibi, Quintiane, nostros -
Nostros dicere si tamen libellos
Possum, quos recitat tuus poeta -:
Si de servitio gravi queruntur,
Adsertor venias satisque praestes,
Et, cum se dominum vocabit ille,
Dicas esse meos manuque missos.
Hoc si terque quaterque clamitaris,
Inpones plagiario pudorem.
Ti raccomando, Quintiano, i nostri -
se si possono dir nostri - scritti,
quelli che recita il tuo poeta -:
Se si lamentano della pesante schiavitù,
so che ti presenterai e sarai un degno difensore,
e, se quello dirà di essere lui il padrone,
dirai che provengono invece dalla mia mano.
E se lo griderai tre o quattro volte,
costringerai il ladro di schiavi alla vergogna.3
Il plagio letterario nell’antica Roma era una pratica comunissima perché non c’erano norme sul diritto d’autore; era sufficiente sostituire sui rotoli dei testi i talloncini con nome e titolo dell’opera per fingere che fosse propria e l’unica tutela che avevano molti autori era inserire il proprio nome o altri indizi di paternità nel testo stesso.
Marziale quindi con questo testo finge di colmare un vuoto giuridico: non c’è una legge che protegga dal furto d’opere d’intelletto, ma ce n’è una che protegge dal furto di schiavi; colloca quindi un amico in un tribunale immaginario in cui il poeta colpevole viene chiamato in giudizio e accusato di essere un plagiarius dei testi di cui Marziale è invece il legittimo proprietario.
In realtà l’uso che ne fa Marziale non prende subito piede; in italiano si continua a usare plagio per indicare il furto e la corruzione di uomini fino almeno al ‘500/’600 dove riprende piede l’accezione di furto di diritto d’autore tramite l’influenza del francese che già lo utilizzava in questo modo. Nel mondo giuridico però non si è mai smesso di attribuirgli la prima valenza rispetto alla seconda e ancora oggi in un’aula di tribunale il reato sul diritto d’autore si chiama contraffazione qualificata e aggravata con buona pace di Marziale e dei francesi.
Abrogato per modo di dire, perché si continua a cercare di riportarlo in funzione.
Banalmente anche solo il fatto che nel codice doveva essere presente il concetto di repubblica.
ho provato a tradurre io il testo perché evidentemente questa puntata contiene del masochismo, ma non traduco latino da 10 anni. Se qualcuno ha delle correzioni o delle idee su come perfezionare, parliamone nei commenti!
Che cosa curiosa, la definizione di plagio data dal codice Rocco descrive con precisione la politica di Mussolini nei confronti degli italiani e non solo.