La parola di oggi secondo me non è incredibilmente difficile, ma è stata inserita dallo Zingarelli 2020 tra le parole a rischio estinzione “da salvare”1. Ho scoperto che nell’anno appena passato Zanichelli ha proposto un’iniziativa in varie piazze italiane, chiamata appunto #paroledasalvare o anche #AreaZ: zona a lessico illimitato, nella quale i passanti che incontravano le gigantesche installazioni erano invitati ad adottare una parola a rischio estinzione e a utilizzarla.
Ho così scoperto che il profilo Instagram di Zanichelli fa esattamente quello che faccio io: propone parole desuete corredate da un’illustrazione molto bella. Tecnicamente non dovrei dirvelo perché è evidente che così perdo pubblico ma l’onestà mi obbliga a dirvi che questa cosa esiste.
Un pertugio è un passaggio molto stretto, quasi claustrofobico, un buco dentro un muro, o un terreno, una parete…cose così.
Nella mia memoria la parola pertugio è legata alla frase “frugare in ogni più piccolo pertugio”, utilizzata per indicare quando si cerca qualcosa praticamente ovunque. Come quando non troviamo le chiavi di casa appena prima di dover uscire e cominciamo freneticamente a svuotare la borsa, ad aprire tutti i cassetti, e finiamo per mettere le mani anche dove è impossibile che siano le chiavi, tipo in frigorifero. Cioè…in ogni pertugio.
Per questa ragione per me pertugio ha sempre indicato una fessura chiusa, come una tasca; un posto piccolo in cui si fruga per cercare qualcosa. In realtà a leggere la Treccani sembrerebbe che il pertugio sia una qualsiasi fessura piccola, anche aperta, così come uno spazio piccolo anche figurato (un pertugio della mente).
L’etimologia è molto carina: viene dal latino pertūsus, participio passato del verbo pertundĕre, che significa “perforare”. Questa perforazione etimologicamente si fa in un modo specifico, ovvero “battendo”.
Mi spiego meglio: pertundĕre deriva dall’unione di per, preposizione che qui indica “attraverso”, e il verbo tundere, che significa “battere” e “percuotere”. Si tratta quindi di un foro fatto non con un colpo secco (come con una spada, per esempio) ma piuttosto di un’attività continuata: una cosa “pertusa” è stata scavata, che sia artificialmente o naturalmente - per esempio, da scalpello e martello oppure dall’acqua nella roccia.
Interessante sapere che dal verbo pertundĕre viene anche la parola piercing. Il verbo latino, infatti, passa in francese attraverso la radice del suo participio, pertus-, trasformata in percer in antico francese, che diventa pierce in inglese contemporaneo. Il verbo perde l’accezione di qualcosa scavato nel tempo, e acquista invece il significato più generico di forare - i piercing effettivamente sono fatti con un colpo secco d’ago, non certo battendo a lungo sulla cartilagine (perlomeno non più, grazie al cielo).
Tuttavia, potreste chiamare i vostri buchi alle orecchie pertugi. Tecnicamente avreste ragione.
In realtà dopo aver scelto questa parola e averci lavorato tutto il pomeriggio, sono andata a riguardare gli articoli che avevo letto sull’iniziativa e non trovo più niente su questa parola quindi evidentemente mi sono sognata che fosse stata inserita.