Ciao pirata,
oggi è il nove marzo, ma non potevo non parlare un po’ dell’otto.
Nella burrasca non si è parlato mai tanto di ricorrenze; se ho qualcosa per la testa lo scrivo, altrimenti lascio passare natali e pasque e giornate del gatto senza sentirmi poi così obbligata a dedicarci una puntata di questa newsletter.
L’otto marzo, però, tendenzialmente ce l’ho per la testa. Ho pensato alle possibili parole difficili che avrei potuto raccontare, e sicuramente ce ne sono, conosciute e meno. Magari alcune di queste parole prima o poi finiranno nella burrasca.
Oggi però volevo parlare di una parola che è un po’ ovvia, la cui etimologia è un po’ sorprendente e che mi permette di partire per una tangente.
Quindi, la burrasca di oggi contiene tre cose in una, di cui un mio lungo rantolo. Tutto regolare. Pronti, via!
La parola di oggi è suffragio.
Sono abbastanza sicura che abbiamo tutti un minimo di familiarità con questa parola, ma che l’abbiamo usata quasi esclusivamente a lezione di storia a scuola, quando, studiando la rivoluzione francese, abbiamo imparato che uno dei suoi punti di maggior rottura fu l’istituzione del suffragio universale, ovvero la possibilità per tutti i cittadini di eleggere il parlamento1.
E qui parto per la mia tangente.
Tangente minore: potremmo quindi pensare che la parola “suffragio” indichi la possibilità di voto, il diritto al voto, una caratteristica del voto - in realtà indica il voto, punto. Un suffragio è un voto. Suffragare significa letteralmente “votare”, io posso “suffragare un candidato”, o “esprimere il mio suffragio su una mozione”. Su questo torno tra un attimo, ora passo alla…
…tangente maggiore: se avete studiato il suffragio universale alle superiori, come me, potreste aver ricevuto questa informazione - la rivoluzione francese istituì il suffragio universale, punto - oppure aver ricevuto l’informazione che ho ricevuto io, ovvero questa verbalizzazione: la rivoluzione francese istituì il suffragio universale maschile.
Ora: io potrei stare qui a discutere della storia del suffragio universale (vero, non parziale), o lanciarmi in una storia dei movimenti femministi suffragisti di fine ottocento e inizio novecento2, ma prima di passare al vero tema di questa newsletter - l’etimologia di suffragio, adesso ci arrivo - devo esautorare questa tangente sull’importanza delle parole e sul controsenso della formula “suffragio universale maschile”.
Un termine per indicare il suffragio parziale esiste, ed è suffragio ristretto: tuttavia l’importanza esplosiva della rivoluzione francese per l’evoluzione della democrazia in Europa è sempre stata tale che associamo il suffragio universale a quel momento, e persino la pagina Wikipedia sulla rivoluzione francese usa le parole “suffragio universale maschile”, una dietro l’altra, come se non fosse un controsenso. Come se fosse possibile avere un universo monco di una sua fetta.
Non mi interessa che su Wikipedia dappertutto scompaia la dicitura “suffragio universale maschile”3, il senso di questa tangente perlomeno non è questo. Piuttosto il senso è parlare di questi universi monchi. A scuola studiamo la rivoluzione francese e il suo “suffragio universale” e poi arriviamo al 1946 e parliamo del referendum costituzionale del 2 giugno e sì, lo diciamo pure che è stata quella la prima votazione a cui hanno partecipato anche le donne4, però…rimane lì. Non studiamo come ci siamo arrivati. Nella stessa Francia, la Francia del suffragio universale (maschile) aspettiamo il 1945 per il suffragio femminile - ma non solo, perché le donne algerine, all’epoca sotto dominio francese, aspettarono fino al 19585. Tutte queste parti non sono in quell’universale, e il controsenso continua.Questo forse è il senso di questa tangente: smetterla di parlare di universali quando stiamo guardando dei parziali; smetterla di pensare che il mio parziale (il mio voto di donna in Italia, 1946) conti allo stesso modo per gli altri (Algeria coloniale, 1958; Albania, 1909; Cipro, 1960; Polonia, 1918; Samoa, 1990; Arabia Saudita, 2015); smetterla di credere che una lotta non sia parte di questo universale solo perché non fa parte del mio mondo parziale.
Ho pensato a moltissime cose di cui parlare, per l’otto marzo, piuttosto che parlare di suffragio, che mi sembrava un argomento da tema delle scuole medie: ho pensato di parlare di lavoro e disoccupazione femminile in Italia, dopo il Covid; ho pensato di parlare di violenza, di lavoro di cura, di aborto, di scuola, di nomi femminili di professione, di femminicidio, di migrazioni e di un sacco di altre cose; e alla fine mi sembrava sempre di tralasciare qualcosa per preferire altro. Alla fine ho scelto di parlare di suffragio per pura ragione etimologica - a cui, giuro, adesso arrivo - ma non potevo non parlare di questa parzialità.
L’otto marzo non è una festa e non è neanche un parziale.
Ora arriviamo all’etimologia.
Suffragio deriva dalla composizione delle parole latine sub (sotto) e frangĕre (rompere).
Nell’illustrazione di oggi trovate quattro mani che reggono quattro cocci di terracotta; era così infatti che avvenivano i procedimenti di voto segreto in Grecia e a Roma. Sebbene fosse abbastanza comune l’uso di voto pubblico (ad alzata di mano, ad acclamazione, per caciara tipo applausometro…), potevano capitare situazioni in cui fosse necessario che un voto rimanesse segreto. Si utilizzavano quindi dei cocci di terracotta, depositati dentro dei vasi6 e poi contati: esattamente come il nostro voto cartaceo. La rottura di questi cocci per permettere il voto dà quindi il nome al voto stesso.
Il verbo frangĕre, - che passa molto intuitivamente all’italiano in voci come infrangere, naufragare, frazione e tante altre - viene dalla radice indoeuropea bhreg-. Quel bh- iniziale, in latino e in italiano si trasforma in un suono F, ma in altre lingue mantiene il suono B e dà vita anche all’inglese break, rompere, e a brioche in francese, intendendo che la lavorazione dell’impasto è una forma di rottura dell’impasto stesso. In italiano sembra passare solo la versione in F di questa radice, fatta eccezione per la parola breccia, che infatti non ereditiamo dal latino, ma dal francone *breka per “frattura”.
Poi sicuramente dà vita anche alla locuzione “sfrangiare le palle”, cosa che io faccio molto spesso.
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Che comunque prima non era neanche elettivo. La rivoluzione francese è un po’ complicata, io ricordo bene davvero solo quel che serve per godersi Les Misérables (il musical, non il libro. Sorry).
che poi è la ragione per cui suffragio è la parola di oggi.
Anche se, francamente, sarebbe meglio. Se tra una settimana andate a guardarlo e non c’è più scritto così, l’ho modificato io.
Fun fact, onore al merito: nel Granducato di Toscana le donne votavano già dal 1849. Chissà perché.
Fate due conti sulla vostra età, sugli anni dei vostri genitori e dei vostri nonni. Quanto tempo fa è davvero, il 1958?
vasi tipo…urne. Se ve lo steste chiedendo.