Ciao pirata,
la burrasca di oggi arriva con un giorno di ritardo perché ieri sera c’era una cimice in camera mia e non era un ambiente di lavoro sicuro.
La parola di oggi viene proposta nei commenti da Alessandro, che torna alla carica con i suoi suggerimenti interessantissimi.
Parliamo di una parola tutto sommato di uso comune ma che nel suo essere quotidiana nasconde in realtà una sfumatura accattivante, degna di renderla una puntata della nostra rubrica.
La parola individuo infatti potrebbe sembrare che indichi prima di tutto una persona; un essere umano, unico e solo, distinto da tutti gli altri.
Non sarebbe un’affermazione così fuori dal comune: una persona è un individuo. Tuttavia la parola di per sé non indica per forza un essere umano, ma un ente univoco riconosciuto tale perché distinto dalla sua stessa specie. Tanti individui fanno una specie, un esemplare estratto dalla specie è un individuo.
Ho usato la parola “ente” che ad alcuni di voi potrebbe far capire che stiamo parlando prima di tutto di filosofia; che cosa sia un individuo, come si definisce una persona, è un quesito squisitamente filosofico dalla notte dei tempi. Se infatti a livello pratico sembra abbastanza facile guardare un essere umano che non siamo noi, indicarlo e dire “tu sei qualcosa che non sono io” e “io sono qualcosa che tu non sei”, a livello speculativo questa azione non è così scontata.
La parola individuo infatti nella sua etimologia nasconde questa complessità: la parola viene direttamente dal latino individuus, un composto del prefisso in - che qui indica una privazione, e dell’aggettivo dividuus, «diviso». Un individuo è qualcosa di unito, di indivisibile.
Questa parola a sua volta ha una storia interessante, perché non nasce nel parlato di tutti i giorni ma è una traduzione letteraria, più precisamente di Cicerone, che si ritrova a tradurre dal greco testi filosofici che menzionano il concetto di atomo (ἄτομος). La parola infatti è composta dal prefisso a-, un alfa privativo, e dal tema del verbo témnoo (τέμνω), ovvero tagliare.
Cicerone quindi si trova a tradurre letteralmente in latino il concetto di atomo, che viene dal mondo filosofico, o meglio quello della filosofia naturale. Un atomo, ovvero l’ente indivisibile, era la più piccola parte di materia esistente, che poi è più o meno la stessa definizione che gli diamo adesso. Senza poterli osservare al microscopio, Democrito, Epicuro, Leucippo avevano teorizzato l’esistenza di una frazione di materia invisibile e, soprattutto, indivisibile: un unicum definito proprio dall’essere diverso da tutto il resto perché il resto è stato già sfrondato e si è arrivati al nocciolo.
Buondì macinatempeste, é stato proprio il termine "in-divisibile", che ho incontrato nello studio dei classici greci a indurmi a pensare al termine "in-dividuo".
Non sapevo di Cicerone. Grazie per avermi arricchito nuovamente!
Quale é l'etimologia di s-bagliare, ab-bagliare? Perché lo sbaglio si riferisce ad un errore?