Ciao pirata, e grazie per la pazienza.
La parola di cui parliamo oggi è stata scelta perché sto partecipando a un club del libro a tema streghe e ho pensato di rendervi partecipi di questa atmosfera un po’ ottobrina e un po’ divertente.
La parola di cui parliamo oggi è grimorio, un termine che avrete sicuramente già sentito se vi interessa, in generale, l’argomento “streghe”. Tuttavia è una parola che, in italiano, fuori da questo contesto non viene particolarmente usata, quindi oltre a essere probabile che in molti non sappiano cos’è, è anche molto probabile che non sappiano da dove viene.
Un grimorio è un libro di magia. Non è un termine riservato alle narrazioni fantastiche - per dire, non lo troverete né in Harry Potter né in Sabrina vita da strega, ma lo troverete nei racconti di Lovecraft e nei mazzi di carte di Magic - The Gathering - ma è una parola utilizzata per descrivere delle pubblicazioni esistenti, edite soprattutto tra la fine del Medioevo e l’inizio del ‘700, che contenevano le più disparate informazioni di carattere magico, come liste di angeli e demoni e oroscopi, ma in particolare istruzioni pratiche per realizzare incantesimi, pozioni e talismani.
Il termine è molto interessante perché, se i libri di magia sono vecchi quanto l’uomo, la parola grimorio è molto specifica e descrive dei testi che hanno circolato molto in Europa per secoli e che tutt’oggi sono consultabili in una qualche forma. Soprattutto, dei testi che, per cultura e diffusione, hanno meritato un termine specifico come grimorio - e non uno generico come “manuale di incantesimi”.
La parola infatti la deriviamo più o meno dall’inglese grammar e dal francese grammaire, grammatica.
Dico “più o meno” perché la parola grammatica in italiano la deriviamo abbastanza ovviamente dal greco gràmma (γράμμα), lettera e tèchne (τέχνη), tecnica, quindi “tecnica/arte della lettera”. Non abbiamo bisogno di farci prestare il termine grammatica, ma il termine grimorio sì.
Tuttavia in Vecchio Inglese e in francese antico si sviluppa un’associazione di idee molto interessante tra il concetto di grammatica come “arte della parola” e quello di magia come “potere della parola”. Conoscere la grammatica - in un momento storico in cui a conoscerla davvero erano pochissimi - equivaleva ad aprire le porte di un mondo esoterico, precluso ai più, e avere un potere che altri non avrebbero mai davvero capito. La grammatica dell’incantesimo diventa l’incantesimo stesso e un gramaire è il suo manuale.
È un’analogia potente, ma non serve soltanto a dire che è importante studiare la grammatica perché “apre la mente” o cose di questo genere: è proprio il modo in cui la magia - sotto forma di astrologia, alchimia, medicina erboristica, demonologia - viene trattata in questo periodo: come un linguaggio per una scuola esclusiva a cui servivano libri di testo: i grimori, per l’appunto.
È da questa stessa associazione di idee che proviene, ad esempio, la parola glamour: in italiano la traduciamo sempre in modo molto zoppicante associandola solo alla moda e ai trend, ma in realtà evoca nella sua origine un’idea di fascino e malia che ben si accorda con la sua etimologia “magica”. In inglese moderno, poi, glamour non è solo un aggettivo per un bel cappotto, ma anche un incantesimo, nello specifico uno che trasforma le apparenze: to be under a glamour, “essere sotto un glamour”, significa avere per magia un aspetto diverso da quello normale - cosa che si potrebbe attribuire anche a un bel cappotto.
Molto bella la spiegazione della parola "grimorio", grazie!
Bellissimo tutto!!! Se poi lo applichiamo a chi erano le streghe e perché venivano giustiziate....!