Ciao pirati,
Da oggi provo un nuovo formato di titolo: oltre a “parole difficili” scrivo anche la parola del giorno perché mi aiuterà a ritrovare le vecchie puntate nell’archivio più facilmente e spero aiuterà anche voi a rileggere le vostre preferite.
Oltre a questo, mi scuso se settimana scorsa non sono usciti né la burrasca né il solito avviso sostitutivo ma ero nel mezzo di un trasloco e non sono riuscita a fare un tubo.
La parola di oggi è stata suggerita qualche puntata fa da Lulù, che ringrazio per la pazienza di aver aspettato praticamente due settimane.
Oggi parliamo di intestazioni di lettere e di pecore. Se le due cose vi sembrano non avere niente in comune, spero siate pronti per questo bel viaggio nell’antica Roma.
Avete mai scritto una lettera o una email molto formali? Io no. Alle medie però per ben due mesi ho frequentato una sesta ora di doposcuola in cui mi hanno insegnato a scrivere delle cose…pratiche. Tipo un CV. O un reclamo al Comune. O una lettera intestata a qualcuno che non conoscessi.
In questo corso - che sinceramente, non so perché io abbia frequentato - mi insegnarono una serie di intestazioni possibili per indirizzare la lettera a seconda del destinatario e delle informazioni che avevo disponibili sul suo conto: Sig.re, Sig.na, Ing., Dott.re, Prof.ssa, Spett.le1 e così via.
C’era poi un’opzione che era un po’ una carta jolly: se non si sa con chi si sta parlando - se abbia dei titoli da riportare, per esempio - si può sempre usare Egr., diminutivo di Egregio.
Egregio non è una parola particolarmente difficile: proprio perché si usa nelle lettere formali non è un termine che non abbiamo mai incontrato; però la sua sfumatura specifica non è sempre evidente.
Potremmo pensare che una persona egregia è una persona incredibile, meravigliosa, bravissima e capacissima: insomma, che egregio sia un aggettivo come un altro per descrivere qualcuno in maniera estremamente positiva.
In realtà egregio significa specificamente una persona che, per i suoi pregi e le sue capacità, esce dall’ordinario e si distingue da tutti gli altri; che si distacca dai suoi pari per le sue doti e la sua bravura; insomma, uno che si fa notare.
Il termine infatti viene dal latino: ex, da, e grex, egis, gregge. Una persona egregia, letteralmente, si stacca “dal gregge”.
Sembrerebbe una metafora dal sapore un po’ cattivo; una sorta di “uno contro una massa di pecoroni”. In realtà questa immagine viene dall’usanza religiosa antica in cui, durante i sacrifici animali, era l’ovino più bello e senza difetti a essere scelto per essere offerto alle divinità.
Nel I sec. d.C., il poeta Ovidio nei Fasti vuole fornire una spiegazione di tutti i riti e le abitudini del costume romano per raccontare ai concittadini2 le origini delle festività che praticavano senza ormai saperne più la storia. In questo contesto ci descrive per filo e per segno le caratteristiche che doveva avere un buon sacrificio animale: nello specifico le vittime sacrificali dovevano essere decorae, integrae vel intactae, ovvero belle e senza difetti di nessun tipo; un gruppo di ovini di questo tipo veniva quindi presentato ai sacerdoti e questi ultimi sceglievano gli animali migliori e li marchiavano con la creta per distinguerli dagli altri, denominandoli quindi bestie egregiae, nel senso di prescelte dal gregge, quindi le migliori tra le migliori.
Più tardi, ma già nel contesto dell’Impero Romano, il termine diventa un aggettivo per indicare qualcuno di illustre: erano infatti chiamati viri egregii, cioè uomini egregi, i cavalieri della terza classe dell’ordine equestre dell’Impero di Augusto, un ordine che originariamente era un rango militare e che col tempo, poiché perché nessuno oltre ai nobili poteva permettersi di mantenere un cavallo, diventa una carica politica imperiale divisa in una rigida gerarchia: i viri egregii (terza classe) erano quindi distinti dagli eminentissimi (prima classe), perfectissimi (seconda classe) e splendidi (quarta classe), che prendevano stipendi diversi dalla corte a seconda della loro importanza. Da qui viene la nostra idea di egregio come di una persona importante, con un gran titolo altisonante.
Chissà se i viri egregii lessero i Fasti quando uscirono, e chissà se si sentirono paragonati alle pecore.
Che mi ha sempre fatto ridere. Se scrivo Spett.le tanto vale io scriva Spettabile per intero, cosa sono, tre lettere in più?
Lo sappiamo, lo diciamo dall’inizio nella burrasca: i quattro concittadini colti che frequentavano la corte di Augusto. Ecco, diciamola tutta: Ovidio questi libri li ha scritti per sviolinare un po’ Augusto.
Egregia Spett.le Burrasca . Grazie !! molto interessante !!
Beeeeeella!