La parola di oggi viene scritta alle 23.30 del lunedì sera, ormai un leit motiv di quest’appuntamento settimanale. Se mi volete bene, potete pensarmi prima di addormentarvi mentre chiudo il primo giorno della settimana in questo modo bellissimo e maledettissimo.
La parola di oggi è stupenda e non poi così dimenticata.
Come chiamate una cosa, un concetto complesso, difficile da capire e inarrivabile? Quando un amico vi racconta un’idea ma non riesce a spiegarvela nel migliore dei modi e vi sembra un pensiero un po’ bislacco, come potreste chiamare quel concetto che non vi arriva proprio per niente?
Be’, io per esempio lo chiamerei astruso.
La parola astruso viene dalla preposizione latina ab, che indica un concetto di allontanamento, e il verbo strudere, che niente ha a che fare con lo strudel1, ma significa spingere.
Astruso significa quindi qualcosa che è stato spinto via, allontanato dalla nostra comprensione, reso inarrivabile in qualche modo.
È interessante, per me, perché quando penso a qualcosa di astruso la mia fantasia lo concretizza sempre non tanto come un gomitolo da dipanare - quindi qualcosa di ingarbugliato, sì, ma accessibile, - ma piuttosto come qualcosa che sta in un luogo astratto, celeste, tipo in un iperuranio di cui però non ho la chiave. Come un pensiero nel cielo nascosto da una nuvola.
Doppiamente interessante il fatto che l’etimologia ci racconti come un concetto astruso non è nato già nell’iperuranio2 ma ci è stato spedito a calci, allontanato dalla portata di tutti. Di base, quindi, non c’è un’idea che non possa essere colta da chiunque: sta alla responsabilità di ognuno non allontanare le idee e renderle complesse e inaccessibili.
Un buon maestro non è chi sa tutto, ma chi lo sa spiegare nel modo più semplice possibile: chi prende l’astruso e lo svela, avvicinandolo, soffiando via la nuvola.
Che invece viene da strudel, una parola del medio alto tedesco che significa “vortice”, dalla radice indoeuropea ser-, scorrere, da cui derivano anche le parole siero, Samsara (in sanscrito), e seracco. Quest’ultimo è un tipo di formazione dei ghiacciai, a forma di torre, denominato così da De Saussure, che lo battezzò sérac, come un tipo di formaggio bianco, il cui nome deriva dalla parola siero nel senso appunto di siero di latte.
Non rispolverate i libri di filosofia per cercare di capire se la sto raccontando giusta, questa cosa dell’iperuranio. Vi risparmio il tempo: la sto raccontando sbagliata. Ma la mia allegoria funziona per il tempo di questa burrasca, con buona pace di Platone.
Bellissima burrasca!😘
Bellissima burrasca!😘