Ciao pirata,
la parola di oggi è a tutti gli effetti una tradizionalissima parola difficile, un termine poco conosciuto ma molto utile per descrivere un fenomeno specifico.
Contemporaneamente è una burrasca le cui note rischiano di essere più lunghe della puntata stessa, cosa che normalmente è indizio di una navigazione perigliosa ma almeno interessante.
A differenza di molte parole difficili, non è una parola “antica” oggi caduta in disuso, ma un termine tecnico coniato di recente. A crearlo fu un medico tedesco, il neurologo e psichiatra Klaus Conrad, che, come tanti tedeschi1, aveva un rapporto storico con il greco antico e non deviò troppo dal seminato.
Il termine viene dal verbo greco apofàinoo (ἀποφαίνω), ovvero far apparire, mettere in luce, rivelare. Il verbo è composto a sua volta dalla preposizione apò (ἀπό), da, e il verbo fàinoo (φαίνω), che ha più o meno già lo stesso significato e proviene dalla radice Proto-Indo-Europea *bʰeh₂- splendere.
Conrad, il cui lavoro neurologico e psichiatrico è assolutamente da guardare con una lente critica2, creò questo termine nel 1958 e lo utilizzò per indicare il comportamento di chi vede connessioni tra eventi che non hanno in realtà dei veri legami gli uni con gli altri. Nel suo manuale Conrad sostenne che l’apofenia è uno degli stadi iniziali della schizofrenia, nello specifico lo è quando queste connessioni tra eventi assumono per il paziente un’importanza enorme e immotivata.
Il termine è medico, ma col tempo si è un po’ annacquato e ha acquisito un significato più prosaico: può infatti descrivere la tendenza umana - non per forza clinica - di vedere dei pattern e degli schemi anche dove non ci sono.
Insomma, è il termine perfetto per riassumere questo meme:
La sua etimologia è piuttosto lampante: una persona che fa un’apofenia - o magari che soffre di apofenie? che ha un’apofenia?- crede di svelare, di portare alla luce delle trame nascoste. Ora, lungi da me suggerirvi di diagnosticare la schizofrenia ai vostri conoscenti, ma l’uso più terra-terra di questa parola può essere interessante per dire a qualche amico di controllare meglio le sue fonti prima di condividere certe notizie su Internet.
È un discorso un po’ complicato da fare, quello del rapporto tra la Germania e l’idea della grecità e del mito della Grecia antica; i primordi di questo rapporto sono abbastanza “sani” e relegati a un’accademia che, per quanto elitista e classista, non aveva intenzioni per forza pratiche, ma già ai primordi dell’800 tracciava dei parallelismi tra la lingua greca e la lingua tedesca, traendone delle conclusioni di parentela anche culturale: così come i greci erano stati la culla della cultura d’Europa, così anche la cultura tedesca aveva in sé un innato amore per il bello e per lo sviluppo di tutto ciò che è armonioso. Queste idee fecero nascere nel mondo accademico una scuola di filologia greca basata sulla convinzione che i tedeschi, in virtù della loro lingua di partenza, avessero un’interpretazione privilegiata sui testi greci, e diedero il via a una tradizione di studio della lingua greca che viene portata avanti ancora oggi nelle scuole superiori tedesche a indirizzo umanistico (Humanistisches Gymnasium) alla pari dei nostri licei classici; questo fa sì che Klaus Conrad, diplomato all’Humanistisches Gymnasium all’inizio del ‘900 e laureatosi poi in medicina negli anni ‘20, abbia una familiarità importante con il greco antico.
Però noi stiamo chiacchierando di ‘800 e inizi del ‘900, e capite bene cosa ci sia dietro l’angolo. Dall’idea di un’affinità spirituale con la cultura greca a un’affinità razziale con la Grecia il passo sembrerebbe improbabile ma siamo finiti lì quindi tanto improbabile non era. Nel Terzo Reich i tedeschi non erano solo migliori filologi del greco antico in virtù della lingua di partenza, ma il loro “istinto razziale” permetteva loro l’accesso al prestigio del loro passato greco: Sparta venne idealizzata a primo stato razziale, Atene venne presa come modello della Germania hitleriana.
Conrad esercitò la professione dal 1929 al 1961, e giunse all'Istituto di ricerca tedesco per la psichiatria di Monaco nel 1933. Durante la sua carriera fece parte di organizzazioni naziste dedicate a medici e a docenti, e tra i suoi lavori annoverò studi sull’ereditarietà delle malattie genetiche e sulla psicologia costituzionale che è possibile siano stati usati nell’ambito della legge nazista sulle sterilizzazioni forzate di presunti pazienti di malattie mentali.
Tuttavia non fece mai parte del personale decisionale medico di un campo di concentramento e nemmeno di un’istituzione politica di qualche tipo durante la Germania nazista. Sottolinearlo non significa che vogliamo assolverlo - Conrad fu un nazista -, ma ci serve per capire che non fu tra gli imputati del “Processo ai dottori” di Norimberga e che quindi, dopo il 1945, poté continuare la sua carriera medica scrivendo nel 1958 L'inizio della schizofrenia. Tentativo di analisi gestalt dell'illusione, testo che ancora oggi ha rilevanza storica negli studi di schizofrenia e che ha coniato vari termini - tra cui apofenia - che vengono utilizzati dai medici tutt'ora.
Per me era essenziale non omettere queste informazioni nel parlarvi di questa parola perché tacere la storia non è ammissibile e presentarvelo solo come il medico che ha generato la parola di oggi e non come il nazista che è stato non sarebbe stato corretto.
Allora Facebook è pieno di "apofenici" :-) trame e complotti, politici ed extra-terrestri, tutti a caccia di un mito da svelare, pur senza prove dirette, per sentirsi protagonisti