Ciao pirata,
oggi parliamo di verdure e, visto che ci avviciniamo a fine marzo, vi ricordo che sta per iniziare la stagione degli asparagi.
La parola “asparago” è particolarmente interessante; rispetto ad altre parole difficili che abbiamo incontrato non è composta da chissà che suffissi e prefissi e radici: il termine era già utilizzato così in Latino, da cui arriva praticamente invariato ai giorni nostri, anche perché sappiamo con certezza che i Romani non solo coltivavano l’asparago ma ne andavano matti: scritti di Teofrasto, Catone, Plinio e Apicio ci raccontano la coltivazione e preparazione della pianta, e sappiamo che esistevano navi costruite appositamente per il trasporto degli asparagi chiamate, appunto, Asparagus. Sappiamo anche che a Cesare piaceva mangiarli col burro, per dire.
Quindi, i Romani si innamorano dell’asparago e diffondono coltivazione e nome in tutto l’Impero; a oggi la maggior parte delle lingue Indoeuropee chiama l’asparago con una derivazione del nome latino. Tuttavia l’origine del termine è greca: aspàragos (ἀσπάραγος) poteva significare sia l’asparago come lo conosciamo noi, sia più genericamente “germoglio”.
Mentre esistono molte fonti sul ruolo dell’asparago nell’antica Roma, non abbiamo fonti che attestano la coltivazione dell’asparago in Grecia; potremmo anche ipotizzare che un generico termine “germoglio” per indicare questa pianta ci testimoni davvero una cultura che l’asparago non lo coltivava ma piuttosto lo raccoglieva assieme ad altri tipi di germogli trovati per i campi.
In realtà forse non è proprio così: in alcune ipotesi infatti la parola greca aspàragos (ἀσπάραγος) deriverebbe dalla radice Proto-Indoeuropea *(s)pregʰ, da cui deriva il latino spargo, e l’italiano spargere.
Quindi forse i Greci coltivavano l’asparago, visto che si riferivano a esso con un termine che indica l’atto di gettarne i semi nella terra. Oppure questa etimologia potrebbe riferirsi all’aspetto che gli asparagi hanno quando germogliano, come se fossero stati buttati un po’ a caso in mezzo alla terra.
Il termine però, come dicevamo, viene diffuso da i Romani che esportano l’asparago ovunque vadano; e così oggi l’asparago si chiama shparg (albanese), asperge (francese), szparag (polacco), espárrago (spagnolo), spargia (romancio), spargel (tedesco) e molte altre ancora. Rispetto a quest’ultima parola, potreste effettivamente aver già sentito parlare di Spargelsaison o Spargelzeit, ossia “stagione degli asparagi”, un periodo da metà aprile a fine giugno in cui i tedeschi sono ossessionati dalla raccolta degli asparagi, organizzano pellegrinaggi di raccolta dell’asparago selvatico nella zona da Baden-Württemberg a Brandenburg e sagre di paese su piatti a base di asparago arrivando a consumarne 70,000 tonnellate ogni anno. Altro che nave asparagia.
Che bella questa parola, mi hai scoperchiato un mondo sopito di raccolta di asparagi di mio nonno: nel dialetto di Brescia 'asparagi' si dice 'spàres', che nel parlato della Valle prende poi la finale aspirata in h. Che viaggio!