La parola di oggi viene da mia mamma che ha trovato l’etimologia molto divertente.
Per caso qualche vostro amico toscano vi ha mai dato del bischero? O, se siete toscani, avete mai dato del bischero a qualcuno? C’è grande dibattito sull’origine di questo amorevole insulto, che indica una persona poco sagace*, ma di gran lunga l’opzione più interessante è che questa parola derivi da una famiglia fiorentina realmente esistita, i Bischeri, i quali ebbero fama di stoltezza dopo il fallimento di una trattativa immobiliare con la Repubblica Fiorentina che li lasciò sul lastrico.
Questa sui Bischeri è una famosa etimologia popolare che, però, non è particolarmente accreditata tra i linguisti e sembrerebbe essere una divertente coincidenza.
Se non lo fosse, sarebbe un’interessante esempio di antonomasia, ossia di attribuzione al nome proprio di un’individuo o di una famiglia di una serie di caratteristiche famose di quell’individuo per descrivere, però, un’altra cosa. Per esempio, da piccola chiamavo mia sorella Attila, per antonomasia.
La parola di oggi non è né bischero né antonomasia, ma c’entra con tutte e due.
Un solecismo è un errore di sintassi della lingua, cioè un uso scorretto degli accordi tra le varie parole di una frase.
Per intenderci:
“Qual'è il tuo nome?”, è un errore di ortografia. Sto sbagliando un apostrofo.
“Se io avrei” è un errore di grammatica. Sto sbagliando un verbo.
“in ogni caso che egli non possa”** è un errore di sintassi. Sto sbagliando la correlazione del pronome “che” con le parole “ogni caso” precedenti.
Sono quindi solecismi tutti quei casi in cui la sintassi corretta della frase non è rispettata. La sintassi sembra una cosa lontana e complessa, un problema per oratori e retori, e invece è semplicemente analisi logica e analisi del periodo. Ogni qualvolta che “sbagliamo” l’analisi logica e del periodo mentre parliamo o scriviamo, commettiamo un terribile solecismo.
Ma perché mia mamma era così divertita dall’etimologia di solecismo? E perché vi ho parlato di bischeri e di antonomasie?
Dove bischero è un’antonomasia finta - o meglio, non accertata - solecismo invece è un’antonomasia vera: il termine deriva direttamente dal greco soloikismós (σολοικισμός), che indicava esattamente lo stesso concetto, ovvero un’errore di sintassi; ma lo stesso termine greco è un antonomasia sul nome Soli (Σόλοι), una città Grecia della Cilicia (quindi oggi in Turchia), popolata da coloni ellenici la cui lingua, con il tempo, si è mescolata a quelle delle zone confinanti, diventando un pidgin.
Questo “greco pidgin” veniva considerato dagli ateniesi una forma corrotta del loro dialetto Attico, e perciò iniziarono a definire i loro errori come solecismi - errori di coloro che provengono da Soli - finché il termine non divenne un sinonimo di errore di sintassi e basta. I grammatici greci nel periodo ellenistico presero poi questo termine e lo resero un termine tecnico, da manuale di grammatica e sintassi.
La storia del termine solecismo, oltre a essere un caso interessante di etimologia per antonomasia - e a suscitare forse un po’ di divertimento per questi poveri abitanti di Soli che hanno dato il loro nome agli errori, - è anche un punto di riflessione per parlare di temi più complessi.
Dove inizia la licenza poetica e dove il solecismo? Perché alcuni errori di grammatica ci sembrano un piacevole artificio retorico e altri li tacciamo come segno di ignoranza?
Se a fare solecismi non fossero stati gli abitanti di Soli, in Turchia, ma gli ateniesi di Atene, li chiameremmo errori?
*o un pene.
**Fun fact, questo solecismo si trova nella nostra Costituzione, Art. 86, Comma I.