Nonostante l’illustrazione di oggi contenga la parola “Almanacco”, che di per sé non sembra poi tanto difficile, non è questa la parola difficile della settimana.
In parte questo è perché “almanacco” non è una parola poi così difficile: o almeno, io credevo di sapere esattamente cosa volesse dire. Come vedremo, non è così.
A volte le parole che crediamo di conoscere sono quelle che nascondono i significati più inaspettati.
La parola difficile di oggi è in realtà almanaccare; il termine originariamente indicava l’azione di “cercare di indovinare il tempo”, mentre oggi, più figurativamente, indica l’atto di pensare a qualcosa molto intensamente, sia con l’intento di risolvere un rompicapo, trovare una soluzione o semplicemente di fantasticare.
Due cose mi piacciono molto di questa parola:
Il fatto che indichi l’atto di pensare intensamente, sia che questo pensiero abbia uno scopo pratico sia che si sia semplicemente immersi in un mondo immaginario. Mi fa credere che queste due azioni si parlino a vicenda, e che serva fantasticare per trovare una soluzione a un problema.
Il suo suono; aL-ma-naCC-àre per me ha un po’ il suono di una goccia che cade sul tetto, facendo un rumore piacevole ma che ti buca la testa.
Ora, nonostante io abbia detto che la parola di oggi non è “almanacco”, come potrete immaginare “almanaccare” viene proprio da “almanacco”, quindi un po’ forse ho mentito.
Un almanacco era una pubblicazione periodica medioevale che misurava il tempo con delle tavole astronomiche, quindi una specie di calendario ma non proprio un calendario; poiché elencava i giorni dell’anno, dava le notizie a chi ne possedeva uno, una specie di giornale ma non proprio un giornale.
Gli almanacchi sono sopravvissuti fino ai giorni nostri sotto forma di annuari e hanno uno scopo più di intrattenimento che altro, ma non prima di passare per una fase, ai primordi della stampa moderna, durante la quale gli almanacchi erano LA lettura del ceto medio e contenevano istruzioni pratiche sulla vita di tutti i giorni - semina e raccolto, cura della casa, e così via.
(In Italia sono sopravvissuti con successo il Barbanera di Foligno, lo Schieson Trevisan, e l’almanacco religioso di Frate Indovino.)
L’etimologia della parola “almanacco” è abbastanza condivisa ma comunque discussa dalle persone che discutono le etimologie.
Viene dall’arabo المناخ al-manākh, dove al è l’articolo e manākh significa una serie di cose interessanti a seconda di quale lingua abbia adottato questa parola dagli arabi, perché in realtà non siamo certissimi di cosa gli arabi intendessero con manākh.
Sicuramente al-manākh proviene dagli Arabi della zona spagnola, ma nei primi testi in cui l’hanno usato indicava già le tavole astronomiche di cui parlavamo poco fa, mentre il termine manākh da solo non si ritrova nei loro scritti. In un vocabolario latino-arabo e arabo-latino del XIII secolo manākh viene tradotto più o meno come “calendario”.
A partire dalla Spagna, grazie a Francis Bacon da una parte e a Iacob ben Machir dall’altra, il termine almanacco con significato di tavole astronomiche per calcolare il calendario si diffonde nel resto d’Europa.
Fin qui sembrerebbe tutto abbastanza regolare se non fosse che nel frattempo gli Arabi di Spagna cambiano idea e decidono che manākb significa “il luogo ove si fanno inginocchiare i cammelli d'una carovana per il carico o lo scarico o il riposo”; ancora più incomprensibile come in Siria, nel secolo XVIII, ha acquisito il significato di "clima".
Insomma, ci vuole una bella fantasia per passare da “tavole astronomiche” a “calendario”, a “raccolta di indicazioni pratiche per la vita di tutti i giorni”, a “luogo dove si fanno riposare i cammelli” a “clima”**.
Forse è per questo che almanaccare vuol dire anche fantasticare.
*non entomologi, mi raccomando
**coincidentalmente, “clima” è anche la traduzione che Google Translate restituisce di المناخ al-manākh.