Una settimana fa una mia amica mi ha detto che quest’estate andrà qualche giorno alle Tremiti dove farà un’escursione in barca fino alla statua sommersa di Padre Pio.
Così, se per caso non l’aveste saputo, ora sapete che alle Tremiti c’è una statua sommersa di Padre Pio.
È stata messa lì nel 1998, a 13-14 metri di profondità. È alta tre metri ed è la statua di Padre Pio più alta del mondo, anche se non sono sicura del numero di statue di Padre Pio che esistono fuori dall’Italia quindi non so valutare quanto questo primato sia sconvolgente.
Trovandosi a 13-14 metri di profondità, la statua risulta essere una meta più per sportivi che per pellegrini. Per quanto sia spesso visibile anche a filo d’acqua con un paio di occhialini, per poter rivolgere le proprie intenzioni a questo particolare Padre Pio servirebbe una muta da sub.
È anche vero che siamo sicuri che le vecchine più devote non si fanno certo spaventare dallo sbalzo di pressione.
Si potrebbe quasi dire che farebbero di tutto per un po’ di visibilio.
Visibilio è una parola interessante perché la sua origine non è immediatamente visibile.
Tanto per cominciare, perché visibilio dovrebbe essere una parola difficile? La frase “essere in visibilio” o “andare in visibilio” è abbastanza nota: si usa per indicare una persona in estasi, estremamente felice ed eccitata per qualcosa che le sta accadendo.
Quello che è meno noto è il primo significato di visibilio: una grande quantità. Un visibilio di persone. Un visibilio di caramelle.
Entrambi i significati riportano alla stessa origine della parola visibilio.
Potremmo pensare che derivi semplicemente dalla parola visibile, e quindi dalla radice del verbo vedere - e, tecnicamente, non avremmo torto, ma le modalità di questa derivazione sono interessanti.
Visibilio deriva dalla storpiatura di un passaggio del Credo cattolico, quello recitato a messa prima della comunione. Oggi viene detto in italiano, ma fino a non troppo tempo fa era recitato in latino, con un passaggio che faceva così:
Credo in unum Deum,
Patrem omnipoténtem,
Factorem cæli et terræ,
visibílium ómnium et invisibilium
Ora, se la chiesa cattolica è passata dalla messa in latino alle messe nelle lingue nazionali ci sono vari motivi che non stiamo qui a discutere - anche perché non sono poi tale esperta del concilio vaticano secondo - ma dobbiamo riconoscere che l’uso del latino in chiesa fino al 1969 ha prodotto dei risultati anche divertenti, visto che la stragrande maggioranza dei fedeli il latino non lo sapeva.
Così, il visibílium ómnium et invisibilium del Credo originale, tradotto oggi con “tutte le cose visibili e invisibili”, per non saper né leggere né scrivere viene comodamente tranciato e trasformato in un più pratico e immediato visibilio, che indica in sé già la vastità di tutto il creato.
Un visibilio di caramelle.
Quindi passiamo da “vastità del creato” a “grande quantità” - cosa poi non tanto assurda. Ma come si passa da “grande quantità” a “estasi”?
La parola visibilio - o meglio, l’uso che ne facciamo - sottende l’idea che ci sia un legame tra una quantità grande di cose e la nostra sensazione di fronte a esse. La vastità delle cose comprende per forza al suo interno la nostra meraviglia nel vederle.
Non c’è grandezza, né vastità, senza la nostra emozione nello scoprirla.
Un po’ come le vecchine di fronte alla statua di Padre Pio.
Stupenda!