Un mesetto fa la biutiguru Basic Gaia* ha pubblicato un video in cui annunciava l’uscita del suo nuovo profumo. La cosa ha attirato molto la mia attenzione perché il profumo ha un nome molto interessante.
La boccettina, dal packaging anni ‘30 e decori anni ‘20, contiene una fragranza che la youtuber ha chiamato Anemoia, dal termine per indicare la nostalgia di un’epoca in cui non si ha mai vissuto.
È anemoia quindi l’amore per il vintage, il desiderio di vivere nel passato, la convinzione che si sia nati nell’epoca sbagliata, e così via.
Ho subito pensato fosse una parola interessantissima e che urgesse dedicarle una burrasca e mi sono fiondata alla ricerca della sua etimologia.
Sennonché…la sua etimologia non esiste.
O meglio: anemoia ha una specie di sua etimologia. Verrebbe dai termini greci ànemos (ἄνεμος), il vento, e noûs (νοῦς), l’intelletto, la mente. Sarebbe in qualche modo parente del termine anemosis, che in inglese indica la situazione di un albero che viene talmente attraversato dal vento da piegarsi perennemente all’indietro, ricalcando quindi l’idea di una persona che, attraversata dal vento del passato, vi si ripiega permanentemente.
Però…non vi si drizzano le orecchie? Perché mai questo termine dovrebbe avere un’unica parentela con una parola inglese che non ha un vero corrispettivo in italiano? E in che modo la lingua italiana avrebbe preso i termini ànemos e noûs e ne avrebbe ricavato anemoia senza che rimanesse traccia di una delle due parole? Non dovrebbe essere anemonia? anenoia? anemonoia?**
Forse perché questo termine non ha la storia che pensiamo che abbia. Nasce nel 2014 a opera del romanziere statunitense John Koenig, che su Tumblr e Youtube tiene un suo personale dizionario chiamato The Dictionary of Obscure Sorrows il cui scopo è dare un nome a sensazioni ed emozioni umane legate alla sfera della malinconia e dei dolori e umori esistenziali - i sorrows per intenderci - che non hanno un nome preciso in inglese.
Vi sarà capitato più di una volta di imbattervi in raccolte di queste parole su Internet, spesso accompagnate da fotografie di paesaggi cupi e suggestivi. Magari conoscete qualcuno che si è tatuato una di queste parole, magari ne avete un tatuaggio voi stessi. Sono parole cariche di significato e di emozione, che si prestano bene a diventare poster, adesivi, nomi di prodotti, e, per l’appunto, tatuaggi.
Spesso queste parole non vengono proposte indicando la loro vera origine, ma piuttosto vengono trattate un po’ come se fossero le parole difficili di cui parliamo di solito: parole desuete, che non vengono più usate ma sono state usate nella nostra lingua e potrebbero essere recuperate***.
E, se da una parte sarebbe bello che tutte queste parole ritrovassero il proprio autore ogni volta che vengono citate, dall’altra è interessante vedere com’è facile creare una parola nuova. E crearla per davvero, e farla usare, e renderla di uso comune semplicemente proponendola e offrendo agli altri parlanti una soluzione a una mancanza della lingua.
Io e i puristi della lingua non la vediamo nello stesso modo****. Per me questo è l’unico modo di intendere il linguaggio. Se oggi diciamo tramezzino e velivolo è sì perché d’Annunzio aveva manie di grandezza, ma anche perché ci siamo messi tutti a usare tramezzino e velivolo dopo che l’ha detto lui. Molesto l’ha inventato Dante, e fratricida Leopardi. E non venitemi a dire che queste sono eccezioni perché inventate da poeti e autori illustri e importanti. Sono eccezioni perché tutti, collettivamente, abbiamo deciso di usarle. Altrimenti le avrebbero usate solo loro.
E quindi…perché non inventarle anche noi? Se poi riuscissimo a farle usare agli altri, sarebbe solo la ciliegina sulla torta. In fondo, Koenig dall’altra parte dell’Atlantico, ha dato il nome al profumo di Basic Gaia.
Koenig, alla domanda “queste parole le inventi tu o sono reali?” risponde così
Sono entrambe le cose. Sono parole reali, inventate da me. Uso lo standard di realtà stabilito dalla lessicografa Erin McKean:
“Le persone mi chiedono: ‘come faccio a sapere se una parola è reale?”, e io dico che chiunque abbia letto un libro per bambini sa che è l’amore a rendere le cose reali. Se ami una parola, usala. E questo la rende reale. Essere o meno nel dizionario è una distinzione arbitraria; non rende una parola più reale di un’altra. Se ami una parola diventa reale”*****
E io non potrei essere più d’accordo.
*Fun fact una volta l’ho vista a un evento ma non l’ho salutata perché mi vergognavo come una ladra.
**tecnicamente, nessuna di queste proposte ha davvero senso, ma permettetemi il divertissement.
***oppure no. Ma anche conoscerle è un divertissement.
****Non che a loro importi qualcosa della mia posizione.
*****Mia traduzione da: https://www.dictionaryofobscuresorrows.com/post/269599704/frequently-asked-questions
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