Ciao pirata,
Nella burrasca di oggi rispolveriamo l’importante tradizione di questa newsletter di bruciarsi il piano editoriale parlando di tre parole invece che di una sola.
La parola da cui partiamo, infatti, ha un’etimologia che da sola vale tutta una burrasca; tuttavia, pur essendo una parola poco usata e quindi probabilmente una parola difficile, non è un termine sconosciuto ai più, perciò imbottisco questa puntata con altre due parole ed etimologie che calzano a pennello.
Oggi infatti parliamo di asceti, anacoreti, e stiliti.
Sentendo queste parole potreste collegarle a una dimensione religiosa e, in parte, non avreste torto. Tuttavia dobbiamo intrecciare la sua storia e la sua etimologia con la pratica filosofica.
Tutte e tre le parole nel linguaggio comune indicano una persona che abbandona la società e le sue comodità per isolarsi in luoghi in cui la vita sia più aspra ma, per certi versi, più semplice, a ricercare una purezza di qualche tipo: di spirito, per esempio, tramite la preghiera o la meditazione, ma anche di corpo, tramite la “disintossicazione” - diremmo noi oggi - da tutto ciò che è superfluo. Spesso queste due “purificazioni” sono collegate: tramite la rinuncia a piaceri del corpo - ma anche a necessità del corpo - queste persone aspirano alla purezza dello spirito.
I tre termini tuttavia hanno delle sfumature leggermente diverse che dipendono dalla storia delle pratiche a cui si riferiscono.
La parola asceta viene dal greco áskesis (ἄσκησις), esercizio, sia mentale che atletico. Il sostantivo viene dal verbo àskeo (ἀσκέω) che può avere molte sfumature: lavorare diligentemente, ornare, esercitare, coltivare, provvedere.
In generale quindi un asceta è qualcuno che si dedica a un’attività ripetitiva (esercizio) con la massima cura (lavorare diligentemente), con uno scopo di perfezionamento (ornare) e di ottenere un miglioramento nell’attività esercitata (coltivare).
La parola nasce nell’antica Grecia e originariamente si riferiva all’allenamento fisico preparatorio per gare atletiche; col tempo si estese a indicare pratiche di sforzo e abnegazione fisica utilizzate a scopo spirituale. Appartenne, in questo senso, al mondo del pitagorismo, dell’orfismo e delle religioni misteriche, per i quali era una vera e propria pratica religiosa, una conditio sine qua non per essere considerato un adepto.
Successivamente, la cultura che si era creata attorno all’ascetismo viene adottata dal mondo filosofico, in maniera più o meno mitologica: le storiografie, infatti, nel tessere le lodi dei pensatori, attribuiscono loro virtù di autocontrollo, morigeratezza e resistenza fisica. L’ascetismo diventa quindi uno stile di vita più che una pratica religiosa, e viene abbracciato da Socrate, Platone, gli stoici e i cinici, in varie forme.
Più avanti, l’ascetismo tornò a essere una scelta prettamente religiosa, praticata da ebrei, cristiani e musulmani, e, in particolare, nell’immaginario occidentale, l’asceta diviene un monaco/eremita che sceglie l’abnegazione e l’isolamento fisico per elevare la propria preghiera.
Da qui in poi la storia dell’ascetismo è vasta e complessa: viene attribuito a santi e martiri, viene praticato da molti e, in generale, l’associazione di idee tra una morigeratezza fisica e una purezza/perfezione morale e spirituale viene rispolverata a ondate da più e più voci nel corso della storia.
Durante questa storia, l’ascetismo però è stato in particolare scelto da due tipi di monaci che oggi sembrano essere sinonimi dell’asceta ma che in realtà sono più dei cultori dell’ascetismo stesso.
L’anacoreta, infatti, potremmo dire essere una versione successiva dell’asceta: il termine viene sempre dal greco, dal sostantivo anachoretés (ἀναχωρητής), “colui che si ritira”, e indica una persona che abbandona la società per dedicarsi a una vita ascetica in funzione della preghiera. L’origine dell’anacoretismo è probabilmente rintracciabile al III sec. d.C. ed è considerata la prima forma di monachesimo cristiano; potremmo paragonarli agli eremiti, ma gli anacoreti si distinguevano in particolare per il loro voto di stabilità: s’impegnavano infatti a isolarsi sì dal mondo, da cui il loro nome, ma a legarsi a un luogo, per esempio una chiesa, o una grotta.
Uno stilita, invece, è una versione ulteriore dell’anacoreta: la parola viene dal greco stylos (στῦλος), colonna, e descrive quei particolari anacoreti che sceglievano di legarsi non a una chiesa o a una grotta, ma a una colonna. Questi religiosi, infatti, trascorrevano la vita ascetica sopra una piattaforma alla sommità di un pilastro, aiutati dai confratelli che portavano loro cibo e acqua, per ergersi a esempio di onniscienza o a monito per chi li vedesse.
Lo stilismo fu proprio della Chiesa d’Oriente, e si diffuse in Siria e nei dintorni di Antiochia a partire dal V secolo, mantenendosi anche dopo lo scisma, e resistendo in Russia fino al ‘400 circa.
Quindi.
L’ascetismo è una pratica filosofico/religiosa che può comprendere esercizi di vario tipo, adottata dai monaci anacoreti che, oltre a esercitare l’ascetismo sceglievano di vivere lontano dal mondo e, occasionalmente, potevano decidere di vivere su una colonna diventando stiliti.
Ricapitolando, se dovessimo spiegare questi tre termini con delle analogie contemporanee:
Un asceta è un atleta di uno sport estremo che fa video su Instagram spiegando come costringere il proprio corpo a sopportare sforzi fisici immensi tramite una rigorosa ginnastica e una dieta studiata fino all’ultimo macronutriente. Probabilmente ha provato il digiuno intermittente almeno una volta. Per lui il corpo è un mezzo per raggiungere i propri scopi, e il suo scopo è scoprire quanto può soffrire.
Un anacoreta due anni fa ha avuto un esaurimento nervoso e ha abbandonato lavoro e amici per comprare un piccolo terreno in mezzo all’Appennino dove nessuno lo troverà mai, ci ha costruito una tiny home e passa le sue giornate a meditare e a burlarsi di noi. Ha raggiunto la pace dei sensi allontanandosi dallo stress e ha perso quindici chili perché si è allontanato anche dai supermercati.
Uno stilita…è uno stilita. Basta. Non credo ci siano analogie disponibili per uno che è andato a vivere su una colonna. Forse un trampoliere?